Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelation

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Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelation

Postby Betelgeuse » 30 Nov 2013, 19:04

Avrei pensato di aprire io il topic su From Genesis To Revelation, nell'ambito dell'analisi retrospettiva, curata da thenemesis, il quale ha scritto che non conoscendo bene l'opera, preferiva non scriverne.

Registrato durante le vacanze estive, protagonisti 4 ragazzi diciottenni e uno addirittura ancora sedicenne ( Antony Phillips ), From Genesis To Revelation esce nel Marzo 1969, preceduto da due singoli che, pur passando quasi inosservati come vendite, provocano comunque un timido interesse nel circuito delle radio specializzate.
Loro produttore è Jonathan King che crede subito nelle loro capacità, caricando tuttavia di eccessive responsabilità i musicisti, fino ad allora protagonisti, oltre ai 45 giri suddetti, di diverse composizioni andate a finire in diversi demo, portati un pò in giro, e arrivati allo stesso King.
La palestra per questi ragazzi era stata la militanza in due gruppi scolastici, i Garden Wall e gli Anon ( più in vista questi ultimi ), che si unirono dopo alcune esibizioni nell'estate 1966.
I ragazzi avevano in comune anche un substrato sociale simile ( appartenevano alla medio-alto borghesia britannica ) e la frequentazione di un severo college, lo Charterhouse, in cui manifestarono condotte e reazioni diversificate: Mike Rutherford era il più irrequieto, Anthony Phillips il più tranquillo, e Tony Banks, sembra, quello con il profitto scolastico migliore. A loro e a Peter Gabriel, futuro cantante, e occasionalmente batterista dagli esiti a dir poco insufficienti, si aggiunse John Silver, sempre della Charterhouse, dopo che per un breve periodo aveva fatto parte del gruppo Chris Stewart.
Tutti avevano come obiettivo quello di continuare con gli studi universitari, ma la musica aveva un aspetto preponderante nella loro vita, con conseguente dispendio di energie.
La tecnica era ancora acerba, ma la buona coesione tappava determinate lacune, che c'erano, ma era comprensibile.
Jonathan King impose loro di fare un disco con testi piuttosto pretenziosi, assolutamente inadatti a ragazzi di quell'età: le liriche sono prettamente di stampo sentimentale, ma non mancano riferimenti, non tanto velati, sia al Vecchio Testamennto ( infatti, " From Genesis " ) che al Nuovo Testamento ( To Revelation ).
Le direttrici musicali vertevano sul binomio Beatles/Bee Gees, a quel tempo forse i due gruppi di maggior successo. ma si decise di aggiungere un fiume di violini e fiati, con risultati, escondo me, alterni: in alcuni brani questa trovata ha funzionato, in altri un pò meno.
Presentato da una copertina totalmente nera, il disco esce sotto l'ala protettrice della Decca: a quei tempi, c'è da dire, anche gruppi ben più famosi dei Genesis avrebbero fatto salti di gioia per avere un contratto con una casa discografica del genere, e in effetti i ragazzi si sentivano le spalle coperte, in tal senso. Tuttavia questo " binomio " si ruppe subito dopo i risultati fallimentari di vendite del disco, che in tutto il 1969 arrivò a vendere un migliaio di copie circa.

L'album inizia con Where the Sour Turns to Sweet, con un incipit magnetico di piano, e la voce particolarmente espressiva di Gabriel. Andamento malinconico, sulla falsariga di cose sentite dai Bee Gees, tuttavia si tratta di un brano molto bello, pieno di " calore ", che forse poteva essere sviluppato ulteriormente. Voto 7

In the Beginning ha questo caratteristico inizio con una specie di rumore elettronico che potrebbe ricordare in qualche modo i Pink Floyd. Per il resto, canzone improntata al tipico stile anni 60, con un buon ritmo, buona energia, caratterizzata soprattutto dalla voce di Gabriel, qui più aggressiva rispetto al brano precedente: Voto 6

Fireside Song presenta una bella melodia, ma si tratta più che altro di una specie di cantilena, ed è quanto di più lontano ci possa essere dal futuro sound genesisiano. Resta però la piacevolezza dell'ascolto. Voto 6,5

The Serpent: brano eccessivamente ambizioso per i tempi, e direi che non si capisce bene dove i genesis intendessero andare a parare. Certo, il riff di basso è caratteristico, e ti rimane in testa, ma il resto mi sembra più confuso, anche se è chiarissima una matrice blues, che ne fa un brano atipico nella storia dei Genesis. Voto 6

Bella gemma di Ant Phillips è Am I Very Wrong?, pezzo incline alla malinconia, ma molto ben fatto, con notevoli interventi vocali, sia nelle strofe che nel ritornello, e una delicata chitarra acustica. Il piano fa anche la sua parte, tra l'altro. Forse il primo esempio di canzone poetica nella loro carriera. Voto 7,5

In the Wilderness offre una bella prova di Gabriel che sfodera una voce matura, del tipo di quella che sentiremo di lì a poco. Il pezzo però non riesce a svilupparsi compiutamente, anche se il ritornello è piacevole e ben fatto. Voto 6

The Conqueror è un brano monotono, anzi monocorde, finchè vogliamo, ma non è brutto. E' costituito da una fase musicale ripetuta all'infinito, ma, ripeto, funziona, almeno secondo me. Voto 6

In Hiding nasce come strumentale, intitolato Patricia. Qui, con l'ausilio in maggior parte della chitarra, esce fuori un bellissimo bozzetto acustico, tra i brani più riusciti dell'album. Voto 7

Quando si parla di immaturità e ingenuità riferite all'album, credo che One Day non sia estraneo. E' un a canzone simpatica, ma ha troppo come riferimento i canoni dell'epoca. I fiati poi che la accompagnano sono veramente prolissi, e direi che forse un arrangiamento più soft avrebbe giovato al pezzo. Resta piacevole, comunque. Voto 6

Window è una traccia interessante. C'è più studio rispetto alla media del disco, nel senso che qui i musicisti tentano qualcosa veramente di nuovo. L'accompagnamento musicale è dimesso, ma la canzone conserva una peculiarità tutta sua, unita anche a una certa eleganza. Voto 7

In Limbo è, insieme a Am I Very Wrong?, la vetta dell'album. Brano ricco di trovate, di invenzioni, di sonorità a volte delicate, a volte schizoidi, che anticipano di fatto la genialità degli anni successivi. Un brano dotato di grinta e brillantezza che riequilibra il disco, fin troppo caratterizzato da sonorità acustiche. Voto 7,5

Silent Sun è oggettivamente una canzone gradevole e ben confezionata. Nulla da dire. Voto 6,5

A Place to Call My Own si dimostra invece un'accasione perduta, in quanto il brano, dalle buone potenzialità, viene praticamente interrotto quando poteva essere sviluppato in maniera interessante. Mi chiedo perchè tutto questo, considerando che c'era la possibilità di sostituirlo con una delle outtakes, o dei brani usciti precedentemente su 45 giri, e non inseriti nell'album. Voto 6

Il mio voto finale a From Genesis To Revelation è 6,5
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Thomas Eiselberg » 30 Nov 2013, 20:11

Bell'analisi.

Quanto ai brani in particolare valuto meglio The serpent che oltre ad essere musicalmente piuttosto varia (gli altri brani sono piuttosto monotoni e troppo poppettari) rappresenta di fatto l'embrione di Twilight alehouse (stesso riff di chitarra), quindi una certa importanza ce l'ha. Anche A place to call my own nel contesto è perfetta, una delle migliori dell'album: crea attesa, ha un crescendo riuscito e un bel testo. Breve? Si, ma meglio un bel brano breve che uno pessimo e lungo.
The conqueror no, il 6 è eccessivo, è un brano ripetitivo, con Gabriel che fatica con le parti cantate a stare appresso alla musica, con un testo un po' troppo ingenuo, Stessa cosa One day e In limbo che se non avesse un ultima parte più "dura" e particolare sarebbe tra le cose meno riuscite dell'album (sound tipicamente anni 60' e francamente un po' imbarazzante).

Sul resto sostanzialmente concordo

Per me è un 5 massimo 5,5 ma al 6 non ci arriva, mi spiace, ci sono piccoli lampi ma è un disco troppo lontano da quelli che saranno i Genesis futuri e da quello che amo nel gruppo, oltre ad essere eccessivamente derivativo, poco originale, costruito su un filo conduttore che francamente non sta in piedi (la tematica concept non regge per l'arco di tutto l'album).

Ci sono alcune belle canzoni, questo si, che forse meriterebbero un "rifacimento" con i suoni di oggi, magari il loro potenziale emergerebbe maggiormente
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Betelgeuse » 02 Dec 2013, 15:02

Betelgeuse wrote:Bella gemma di Ant Phillips è Am I Very Wrong?, pezzo incline alla malinconia, ma molto ben fatto, con notevoli interventi vocali, sia nelle strofe che nel ritornello, e una delicata chitarra acustica. Il piano fa anche la sua parte, tra l'altro. Forse il primo esempio di canzone poetica nella loro carriera. Voto 7,5



Però...però...forse la canzone è di Banks...non sono sicuro [:-|]
Chiedo conferme.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Betelgeuse » 02 Dec 2013, 16:00

OK risolto, gli autori delle canzoni dovrebbero essere i seguenti:

Where The Sour Turns To Sweet (Banks/Gabriel)
In The Beginning (Phillips/Gabriel)
Fireside Song (Banks/Phillips/Rutherford)
The Serpent (Banks/Gabriel)
Am I Very Wrong? (Gabriel/Banks)
In The Wilderness (Phillips/Gabriel/Banks/Rutherford)
The Conqueror (Banks/Gabriel)
In Hiding (Phillips/Gabriel)
One Day (Banks/Gabriel)
Window (Phillips/Rutherford)
Silent Sun (Banks/Gabriel)
A Place To Call My Own (Phillips/Gabriel)
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Thomas Eiselberg » 02 Dec 2013, 20:27

Si, mi sembrava di ricordare che fosse di Banks in effetti
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Betelgeuse » 02 Dec 2013, 21:10

Aggiungo che gravitano, in qualche modo, intorno al disco, altre canzoni che sono uscite su 45 giri, tralasciandone numerose altre, poi andate a finire nel primo box uscito nel 1998.

That's Me è un pezzo abbastanza " gagliardo ", con basso e chitarra in evidenza, e con voce tipicamente stile " blues " di Gabriel. Da notare un assolo di Phillips, il primo in assoluto suo e dei Genesis, di buon livello tecnicamente, considerata l'età del musicista. Voto 6,5

A Winter's Tale è senz'altro un brano di buona qualità. Nelle strofe notiamo una voce calda e pastosa di Gabriel, mentre i ritornelli sono piuttosto barocchi, forse leggermente troppo per il periodo. Buone anche certe rifiniture " particolari " e discretamente tecniche della batteria, qui suonata da Chris Stewart. Voto 7

One-Eyed Hound è forse la canzone del periodo con più riferimenti ai Beatles, soprattutto nei cori di sostegno alle strofe, ma anche il mini-ritornello ricorda alcune cose dei Fab-Four, soprattutto dei primi dischi. Brano stranamente registrato con poca cura in quanto a qualità sonora, a differenza della maggior parte del materiale del periodo, ma l'energia comunque non manca. Voto 6

Da notare che, curiosamente, i Genesis considerano il " Silent Sun " dell'album come un brano diverso rispetto al 45 giri " The Silent Sun ", con l'articolo, ( lato B è That's Me ). Inutile dire che i due brani sono assolutamente uguali. Questa cosa l'ho letta in qualche libro, e forse nel forum stesso, io ricordo così.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Thomas Eiselberg » 02 Dec 2013, 22:08

Si, io ho una versione di FGTR nella quale sono contenute entrambe le canzoni, The silent sun e Silent sun, in pratica lo stesso brano ce l'ho 2 volte [:-D]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby thenemesis » 03 Dec 2013, 09:14

Bell'analisi, Betelgeuse, tra l'altro di un album (credo) semisconosciuto ai più.
Non commento perchè conosco pochissimo i brani, ma è interessante leggerne le tue descrizioni.
[;)]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby highinfidelity » 03 Dec 2013, 09:32

Thomas Eiselberg wrote:Si, io ho una versione di FGTR nella quale sono contenute entrambe le canzoni, The silent sun e Silent sun, in pratica lo stesso brano ce l'ho 2 volte [:-D]

Quanti pasticci ha combinato Jonathan King con questo disco... [:(-(] Non c'e' anno che Dio mandi in terra senza che lui se ne esca con 2-3 edizoni nuove ed immancabilmente inutili, quando non apertamente cretine. [xx(]

Io non so come sia possibile che un tizio che non c'entra nulla detenga a vita (!!! [:0] ) i diritti d'autore su un lavoro in cui non ha fatto niente ma che anzi ha solo contribuito a pasticciare rendendolo quasi inascoltabile, ma questi sono i delirii del copyright, una tra le materie legislative piu' demenziali ed assurde oltre che apparentemente sempre irriformabili del pianeta. [!:-!]
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(Luigi Russolo, Intonarumorista. 1913.)
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Montecristo » 21 May 2020, 15:10

"Where the Sour Turns to Sweet" invecchiata bene voto 6,5
"In the Beginning" idem voto 6,5
"Fireside Song" che imbarazzo voto 5
"The Serpent" confusa voto 5,5
"Am I Very Wrong?" interessante, manca un ritornello voto 6,5
"In the Wilderness" ecco il ritornello, quasi sanremese voto 6,5
"The Conqueror" non mi piace voto 5
"In Hiding" non decolla voto 5
"One Day" me lo ricordavo meglio, però è compatto voto 6
"Window" a me annoia moltissimo voto 5
"In Limbo" non mi fa impazzire, sinceramente voto 5,5
"Silent Sun" troppo melensa voto 5
"A Place to Call My Own" ha del potenziale gabrieliano voto 6

media 5,5
solo per completisti e storici del gruppo
astenersi tutti gli altri
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 21 May 2020, 17:49

...l'avere riesumato questo thread cade a pennello per me... un anno fa circa, ho realizzato -poi pubblicato su un altro forum- una recensione -più uno studio ponderato che una recensione- [:D] proprio sul titolo in oggetto... giusto il tempo di andarla a ripescare dove l'ho salvata, e la pubblico anche qui dove merita di essere. [:)]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 21 May 2020, 18:11

----- PROLOGO - parte 1ma (di 3) -----


Prima di iniziare qualsiasi considerazione sull'opera in oggetto,
un dato di fatto -più che un concetto- è necessariamente da chiarire :

nel caso del primo storico album della band, "From Genesis to Revelation",

il risultato del prodotto finale non è da imputare ai Genesis; ma solo in minima parte;

in quanto ragazzi minorenni (A.Phillips sedicenne nell'agosto 68, M.Rutherford 17enne; P.Gabriel e A.Banks appena 18enni) al loro primo contatto con il mondo professionale, privi di quell'esperienza necessaria per sapere, prima ancora di comprendere, cosa comportava la realizzazione di un brano musicale nella sua veste finale, attraverso tutto il processo necessario a renderlo tale, dalla sua composizione iniziale fino ad affinarlo terminandolo in studio di registrazione; per sottolineare e meglio far comprendere quello stato descritto prima, di "ragazzi non ancora uomini" nel quale Peter Gabriel, Anthony Banks, Anthony Phillips e Michael Rutherford si ritrovarono nell'occasione, basta solo ricordare che occuparono le loro vacanze scolastiche da studenti, in quell'estate del '68, per registrare quel loro primo album. Una particolare a dir poco sorprendente. Addirittura un caso fenomenale e un record di precocità.

Studenti liceali con la passione per la musica (una propensione assai facile per ogni adolescente inglese che si ritrovò a vivere in quell'Inghilterra di fine anni 60, dove tutto stava accadendo, con Londra al centro del mondo musicale); teenagers quali ancora erano, che non avevano nemmeno le idee chiare su ciò che riguardava il proprio futuro, che non erano neppure certi se quell'avventura mossa da sola passione avrebbe mai avuto un seguito in veste di musicisti professionisti: ognuno di loro avvertiva infatti il fiato sul collo dei propri genitori che premevano fortemente affinchè i ragazzi terminassero gli studi al college e proseguissero con l'università, avversando decisamente quella pericolosa passione -a loro modo di vedere- che aveva preso i propri figli. Figurarsi quindi l'approccio che questi ragazzi usarono nel realizzare un album di musica pop, seppure il loro primo: un impegno che affrontarono nel più puro dilettantismo, cercando semplicemente di fare il meglio di quello che era nelle loro possibiltà, mossi esclusivamente da tanto genuino entusiasmo e nient'altro.


"I Rolling Stones avevano registrato parte del loro primo album ai Regent Studios, lo stesso studio nel quale registrammo il nostro; anche solo per questo, per noi era come essere già arrivati." (Peter Gabriel) (1)

Quasi a volere scusarsi, essendone forse consapevoli, i Genesis scrissero tra le note introduttive all'album
(in uno stampato separato che accompagnava l'album nella sua primissima edizione, non più fornito nelle ristampe successive) :

"Riflessioni di un gruppo di giovanissimi che guarda poco al passato e molto al futuro.
Questi anni tra i quindici e i venti : non più ragazzi o ragazze, ma non ancora uomini o donne.
"


Quasi a volere ribadire quello stato da adolescenti quali erano, ancora privi di esperienza e di risolutezza necessarie per meglio inquadrare ogni aspetto della vita, quello stesso stato "naif"(ingenuo) che inevitabilmente caratterizzerà il loro primo album.

... ... ... ... ...

Il tentativo di arrangiare un brano Rock tramite un orchestra classica, oltre ai consueti strumenti base del rock, non è da vedere del tutto negativa o deleteria in partenza.

La soria della musica pop(olare) del XXmo secolo cataloga una serie numerosa di brani arricchiti con uso sapiente di strumenti al di fuori dall'ortodossia Rock (archi in particolare, ma anche ottoni) che alla fine hanno conferito un tocco del tutto conVINCENTE; un caso su tutti "ELEANOR RIGBY" (già, ma in questo caso il produttore sapeva bene ciò che diceva e pensava, e ancora meglio ciò che faceva...); ancora "SHE'S LEAVING HOME" tanto per rimanere nello stesso campo di autori; un altro esempio meno noto è certamente "AUTUMN" di Peter Hammill (da "OVER", 1976, ma anche in questo caso il suo autore aveva le idee chiare su ciò che aveva in mente di fare, cioè conferire un "feeling" del tutto DRAMMATICO dando una direzione fuori da ogni ambiguità al brano). Un altro brillante esempio di connubio riuscito tra Rock e Classica è fornito da "CRAZY EYES" dei POCO (dall'album omonimo del '73, che invito calosamente all'ascolto chi non lo conoscesse, anche solo la title-track), brano nel quale la sezione orchestrale, per merito di un produttore particolarmente saggio ed attento, venne usata sapientemente con buon gusto giusto solo per ciò che serviva, senza eccedere. E ancora "EXPECTING TO FLY" (Neil Young - Buffalo Springfield 1968); come dicevo, gli esempi riusciti sono numerosi.

Il problema non è tanto costituito dagli archi, dai legni, dagli ottoni e dalla serie di strumenti classici in se,
quanto dell'uso che se ne intende fare, per l'impronta finale che si vuole conferire ad un singolo brano o ad una intera opera.

E questo dipende tutto dalla produzione, quale più importante ed indiscutibile fattore decisionale del processo,

cioè l'anello cruciale della catena che circonda tutta la fase di realizzazione di un brano musicale, mediante le scelte operate in fase di registrazione e successivo mixaggio, da parte di chi possiede il comando in cabina di regia, la cui esperienza maturata e il cui gusto suggeriscono di volta in volta qual'è la cosa migliore da fare e da eseguire -anche per quanto riguarda i dettagli apparentemente più semplici, anche nel solo modo di suonare e/o di cantare rivolto ai diretti esecutori- per ogni brano trattato.

Un buon produttore è da considerare il primo artefice di un prodotto di successo in ambito pop, nel riuscire a plasmare un insieme di idee originarie ancora grezze ma potenzialmente efficaci, elaborandole fino a convogliarle verso un prodotto finito pubblicabile, che alla fine riesca a destare particolare interesse ed ammirazione nel pubblico cui è diretta la proposta, al punto da indurli all'acquisto, meglio se in grande quantità (obiettivo primario per qualsiasi soggetto entrato a far parte dello "show-bizz" in qualità di professionista, con la speranza di "sfondare" fino ad avere successo... sgombriamo subito il campo anche su questo concetto, chiarendone il significato, al di là di nobili quanto sterili ideali che hanno spesso fuorviato in passato). Ovviamente quest'ultimo concetto -in fatto di commerciabilità e vendita di un prodotto a carattere musicale- è stato stravolto dalla storia degli ultimi anni -per mezzo della permissività della rete globale- ma non dobbiamo dimenticare che 50anni fà questo fu il primo metro di paragone cui inevitabilmente si dovettero confrontare anche i Genesis.

Naturalmente, la storia è in grado di annoverare uno svariato numero di nomi, per lo più noti ed importanti, del panorama pop rock che si autoprodussero, facendo così a meno di un produttore esterno; gli stessi Genesis scelsero di farlo a partire dal 1981 (con l'album "Abacab"). È evidente che prima di arrivare a questo punto, un musicista professionista deve avere maturato tutta quell'esperienza -in fatto di tecnica, gusto e sensibilità musicali, percezione commerciale- in grado di consentire questa scelta, altrimenti è come fare un salto nel vuoto, se non un suicidio annunciato. La casa discografica con la quale si era legati da contratto -sempre ragionando in termini e concetti relativi a quegli anni - non l'avrebbe mai permesso, ad uno che era agli inizi o appena avviato in carriera: troppo rischioso. I Genesis optarono su questa scelta solo quando furono in grado finanziariamente di farlo, avendo anche nel frattempo costituito il proprio studio di registrazione privato ("The Farm" ndr).

Nel caso di "From Genesis to Revelation" primo album dei Genesis, essendo al tempo così giovani i ragazzi della band, immaginando che non fossero ancora capaci di auto-prodursi (ipotesi del tutto verosimile, anzi, dato di fatto vero e proprio) la produzione venne affidata ad una coppia di personaggi :

Arthur Greenslade della DECCA, che prese il comando come direttore artistico,
più specificatamente nell'arrangiare e condurre le partiture per archi,
(con un altro suo pari, tale Lon Warburton a coordinare l'uso di ottoni e fiati in genere)

e con il manager della band Jonathan King nel ruolo di produttore effettivo,
sempre presente a dettare le direttive per ciò che egli voleva ottenere :

"Chiesi loro di fare un concept album sulla Genesi, che cominciasse da IN THE BEGINNING e proseguisse fino ad una REVELATION." (1)
Un tema estremamente ambiziozo per chiunque vi si volesse accostare, figurarsi per una band di ragazzi liceali dilettanti...

"Era tutto terribilmente pretenzioso: la storia dell'Evoluzione dell'Uomo in 10 semplicissime pop song." (Peter Gabriel) (1)
Questo punto di vista fu espresso dal cantante qualche anno dopo la pubblicazione dell'album, non di meno riesce bene a descrivere i forti dubbi che ancora permanevano sull'idea di base del progetto, che rispecchiava molta, troppa supponenza da parte del manager della band.

"Per tutta la durata delle sessioni di registrazione, J.King fu sempre presente, impartendo e qualche volta urlando direttive, cercando disperatamente di non farsi venire i capelli bianchi in testa..." (Anthony Banks) (1)

Come ricordato da Banks, buona parte del risultato finale del progetto era conseguenza di ciò che aveva in mente J.King, come "sound" che doveva caratterizzare l'album (una sorta di "Bee Gees britannici" come tratto distintivo da associare alla band) nel tentativo di confezionare un prodotto con l'obiettivo di riuscire a piacere ad un area più vasta possibile di pubblico, essendo quel punto di riferimento che egli si era fissato in testa (Bee Gees) una pop band che aveva già incontrato discreto successo di pubblico con quel genere proposto.

Con il risultato che l'uso che venne fatto di archi ed ottoni, insieme o separatamente, spesso in misura così pesante da coprire gli stessi strumenti della band (aspetto esasperato da un mixaggio decisamente discutibile), fu tale e marcato in una direzione così univoca che conferirono alla maggiorparte delle canzoni contenute nell'album un sapore da "musica leggera" più che di musica POP Rock.


... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...


elenco delle citazioni (dalle 3 sezioni pubblicate) :


(1) fonte "GENESIS" G.P.Vigorito, Gammalibri Editore - 1981
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 21 May 2020, 18:17

----- ANALISI DELL'OPERA - parte 2nda (di 3) -----




WHERE THE SOUR TURNS TO SWEET (Phillips)


"Ti stiamo aspettando, vieni ad unirti con noi
Abbiamo bisogno di te, vieni ed unisciti a noi.

Guarda dentro la tua mente,
guarda l'oscurità che striscia fuori.

Posso vedere la delicatezza
là dove si insinua la luce del Sole.

Riempi la tua mente d'amore,
cerca la gloria del mondo futuro.

Puoi trovare te stesso
là dove l'amarezza diventa dolce.

Abbandona la tua corazza di egoismo
gettala nelle fiamme incandescenti.

Riesci a vedere il cambiamento ?

Guarda con i tuoi occhi, ora ascolta..."


Inizio promettente di pianoforte e voce, seguiti da basso e chitarre ritmiche a condurre un bel tema armonico ad accompagnare la voce, quest'ultima "primo biglietto da visita" della band al mondo esterno; impressione iniziale positiva ben presto vanificata dall'arrivo degli archi eseguiti in quella modalità così leziosa che impareremo presto a conoscere (da 0:55" senza più abbandonare il brano, accompagnandolo fino al termine in modo ruffiano e fin troppo presente) seguiti anche dalle trombe nei ritornelli, il tutto a conferire quel sapore inequivocabile da "musica leggera" nello standard del tempo. Un brano con un buon disegno armonico strofe-ritornelli purtroppo minato da una produzione sconclusionata ed indulgente verso un genere che non era proprio quello che i ragazzi avevano in mente. La parte migliore del brano è il refrain al grand piano introduttivo alle strofe, supportato da basso e chitarra ritmica, quando gli archi glielo permettono (quando cioè sono messi a tacere) seguito dall'impronta vocale di Gabriel già preminente in tutto il suo fulgore; poco altro. Batteria stranamente quasi del tutto assente perchè "annegata" nel mixaggio, dal quale fanno la stessa fine anche le chitarre ritmiche specie nei ritornelli, forse per meglio dare risalto agli archi che qui toccano l'apice (dell'insopportabilità) rinforzati anche dagli ottoni, il cui insieme sovrasta il tutto, con la sola voce guida ad emergere peraltro faticosamente. Una produzione a senso unico, a volere conferire quel tocco "alla moda" del tempo, con l'obiettivo di "dovere piacere forzatamente", ma privo di sostanza ed originalità. Peccato : Canzone potenzialmente molto interessante, con un testo dalla prosa forbita, decisamente degno di nota considerando che proveniva dalla mente di un ragazzo come lo era all'epoca Ant Phillips, ma nella sua veste finale musicalmente appesantita per come è stata resa dalla produzione, da invadenza eccessiva di strumentazione classica usata maldestramente e con poca lucidità: proprio per questo, purtroppo NEGATIVA




IN THE BEGINNING (Gabriel-Banks-Phillips-Rutherford) ***
(secondo i ricordi di M.Rutherford, alla composizione di questo brano contribuirono tutti in parti eguali)


"Oceano di movimenti
che si dimena in ogni direzione
Spingendo insieme elevano montagne tutto intorno
Questo è il suono di un nuovo mondo che stà nascendo.
Ed una luce che filtra da un cielo curioso,
Ha inizio!
Ora sei nelle mani del destino.

Percuotendo con violenza
Scagliando lava sopra e sotto
La frenetica fornace brucia con forza dirompente
Questo è il suono di un nuovo mondo che stà nascendo.
Ed una luce che filtra da un cielo curioso,
Ha inizio!
Ora sei nelle mani del destino.

È quello il carro con gli stalloni d'oro ?
È quello il sovrano del paradiso in Terra ?
È quello il boato di un tuono ?
Questo è il mio mondo che stà aspettando di essere incoronato.
Padre, Figlio, osservate con gioia, la vita è appena iniziata."


Uno dei pochi brani dell'album ad essere (stranamente) scampato all'attenzione di produttore e direttore artistico, guarda caso uno dei brani più originali e più signicativi del disco. Senza il pesante ingombro di archi ed ottoni ad infastidire (per come è stato deciso di farne uso) emerge la vera anima della band. Sentori chiaramente Rock, canzone figlia degli anni 60 con freschi ed appena accennati sapori psichedelici; finalmente si sente anche la batteria, anche se ancora maltrattata dal mixaggio; un brano che consente alla band di mostrare le sue qualità, in primis la voce di Gabriel, qui davvero incisiva e "graffiante", ma soprattutto quelle del duo Phillips-Rutherford le cui chitarre e basso caratterizzano l'intera sequenza (non solo le ritmiche, da notare i preziosi fraseggi e i ricami di Phillips all'elettrica solista nei ritornelli, anche se viene quasi il sospetto che sia stato impartito al chitarrista l'ordine di non eccedere troppo in fantasia e di rimanere nei binari del "politicamente corretto" imposto da King...). Brano armonicamente ben costruito, senza concedere troppo alla facile melodia di circostanza, eseguito in modo fresco, spigliato e deciso, alla fine risulta essere piuttosto convincente e godibile: per fortuna o per caso? (nel senso: per fortuna che la produzione non abbia deciso di rovinarla come la precedente...) POSITIVA




FIRESIDE SONG (Gabriel-Banks)


"C'erano una volta confusione
delusione paura e disillusione

Ora invece la speranza rinasce ogni mattina
puoi vedere chiaramente l'alba del futuro.

Per sempre, vagando lentamente
verso un tenue vuoto indistinto

Fin quando l'acqua si riversa nel mare
il padre è triste nel vederla libera.

Mentre le ombre strisciavano
verso la loro padrona oscurità

Accadde che gli alberi sfidarono
il vento che ne scuoteva le foglie.

E mentre la pace calava tutt'intorno

Le creature della natura vennero
a fronteggiare il mondo intero."


Inizio musicalmente pregevole (una delle parti che mi piace maggiormente dell'album, credo seriamente una delle cose MIGLIORI IN ASSOLUTO del disco) e assai promettente : un raffinato solfeggio di grand piano dal quale si evince che il proprio autore non ha dimenticato gli studi cui fu costretto fin da tenera età, quelle atmosfere tipicamente russe (Rachmaninov) devono essergli entrate decisamente nella mente fino ad influenzarlo assai profiquamente: qui infatti è già possibile fruire Anthony Banks in tutto il suo futuro splendore. Purtroppo il piacere dura poco (fino a 0:48" del brano) perchè subentrano gli archi a dettare un nuovo tema armonico insieme alla chitarra acustica, nel ricreare un atmosfera completamente differente rispetto al sontuoso pathos iniziale, una nuova direzione particolamente agreste, bucolica (e decisamente squilibrata verso sdolcinature più che evidenti) con la voce di Gabriel praticamente "addomesticata" per l'occasione, il tutto a conferire un "feeling" ad alto livello glicemico; brano dal carattere confidenziale arricchito da note che trabordano dolcezza sconfinando nell'eccesso, con gli archi a sublimare il concetto; per il sottoscritto difficile da sostenere, anzi totalmente da glissare; buon per chi riesce ad aprezzarlo... NEGATIVA (negativa per un pubblico dai gusti come il sottoscritto; per un pubblico senza pretese particolari magari anche sensibile al genere del "melenso strappalacrime" il concetto ed il giudizio possono decisamente cambiare...). Un perfetto esempio di come una produzione scriteriata possa riuscire ad avvilire, fino a stravolgerli, buoni propositi di partenza.




THE SERPENT (Gabriel-Banks)


"
E DIO creò l'uomo dalla polvere
con un anima nel suo involucro.
E DIO creò la donna
contenitore del potere di satana.
Il Creatore rese astuto il serpente
con il male nei suoi occhi tentatori.
L'uomo è meraviglioso, assolutamente meraviglioso;
guardalo. E stai attento al futuro.
Ecco il mio mondo che mi stà aspettando
ho il paradiso davanti agli occhi.
Sono vivo in un mondo appena creato
questo Eden sarà per sempre mio.
Mi stò svegliando, il giorno dell'Uomo è arrivato."


Interessante e delicata intro fino a 0:40" (di sapore folk quasi psichedelico; prestandovi attenzione, vi si odono diversi precisi rimandi armonici nelle strofe di un futuro brano della band, "Twilight Alehouse" ndr) poi il brano vira in tutt'altra direzione armonica più decisa, dominato nelle strofe da basso e chitarra elettrica, con organo in sottofondo, a condurre una chiara linea Rock che evolve verso un ritornello ancora più vivace e sostenuto; un particolare che inizia a risaltare, trovando conferma anche qui, è che la batteria è ancora maltrattata dal mixaggio (che non avessero molta fiducia nelle capacità tecniche di John Silver?...) abbassata di livello fino a non volerla esaltare, relegandola in secondo piano rispetto agli altri strumenti; la voce di Gabriel è sempre ben presente ed in ottima forma; buona la performance al basso di Rutherford, ed ancora una volta molto belli i fraseggi di elettrica solista di Phillips sia nelle strofe e soprattutto nei ritornelli, si conforta l'impressione che il vero leader artistico della band a questo stato di partenza fosse proprio lui; si sente anche l'organo sommesso di Banks, anche questo bistrattato dal mixaggio, quasi a volere dimostrare che la produzione non avesse le idee molto chiare... o forse si : nella sua testardaggine a voler fare dei Genesis i "Bee Gees made in Britain", King è riuscito a fare somigliare questa canzone ai... MOODY BLUES! (quelli di "IN SEARCH OF THE LOST CHORD" e "ON THE THRESHOLD OF A DREAM"; non un demerito, ma neppure un merito in fatto di originalità). Comunque alla fine il tutto è venuto abbastanza bene. Un altro brano del disco fortunatamente scampato alle premurose attenzioni di "viole violini ed archi in genere" alla fine si rivela interessante e degno di attenzione. Inizia comunque ad insinuarsi un dubbio circa la qualità di resgistrazione. Anche il mixaggio non sembra affatto all'altezza, specie per quanto riguarga le parti musicali più sostenute e sovracariche di strumenti. Una nota per quanto riguarda il testo: lo si può accettare candidamente sapendo che proviene dalla mente di due ragazzi -presumibilmente uno solo, Peter Gabriel- non ancora saggiamente ed opportunamente edotti sul tema trascendentale, un dettaglio che il testo rivela in alcune sue parti ad un occhio attento. POSITIVA




AM I VERY WRONG? (Gabriel-Banks)


"Mi sbaglio a nascondermi dietro il bagliore di una mente aperta ?
Mi sbaglio a vagare nella paura di una menzogna infinita ?
Mi sbaglio a cercare di chiudere le orecchie al rumore così forte ?
Mi sbaglio molto, tanto che la macchina della felicità cerca di cantare la mia canzone.

Oggi è il tuo compleanno amico, va tutto bene.
Lascia che ti facciamo i nostri auguri.
Sii felice, amico, va tutto bene.
Speriamo che la tua vita non abbia mai fine.

...mi dicono, senza fine; mi ripetono, senza fine, senza fine..."


Breve intro strumentale promettente, realizzato per mezzo di due parti di grand piano registrate separatamente, una delle quali con un arguzia tecnica particolare -puntine applicate ai martelletti del grand piano per fargli assumere un tipico sound da clavicembalo, un trucco che Banks utilizzerà profiquamente ancora in futuro ("Time Table" ndr) ed in un altro paio di intro per l'album in oggetto- poi di nuovo il tema conduttore prende tutt'altra forma e direzione: dopo il primo scandire di chitarra ritmica, subentra ben presto un ottone (corno francese) ad assumere parte del controllo armonico (insieme alla chitarra acustica) che non abbandonerà più il brano fino al suo termine; brano caratterizzato da strofe lievi e da ritornelli appena più sostenuti dai cori vocali; nel mezzo dei due, il grand piano di Banks a cadenzare il cambio armonico facendo da ponte a legarli; batteria una altra volta "non pervenuta"(annegata nel mixaggio), si ode appena nei ritornelli, ma l'impressione ricavata all'ascolto è che a J.Silver abbiano consegnato per l'occasione una specie di misero tamburello(?); naturalmente a risaltare è sempre la voce caratteristica di Gabriel(nelle strofe). Alla fine, comunque, si tratta di un modesto brano vocale senza molte ambizioni, prettamente acustico, con cori a più voci nei ritornelli, piuttosto apatico e privo di particolare interesse per chi ascolta. Uniche note di rilievo il grand piano di Banks nell'introdurre i ritornelli e la voce guida di Gabriel (peraltro da lui qui usata in modalità non troppo consona alle sue vere potenzialità), troppo poco. I dubbi sulla (pessima) qualità di registrazione aumentano; quelli sul mixaggio non sono più dubbi ma pesante conferma. NEGATIVA



... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...


elenco delle citazioni (dalle 3 sezioni pubblicate) :


(1) fonte "GENESIS" G.P.Vigorito, Gammalibri Editore - 1981

*** Note sugli autori dei singoli brani : "Genesis : Il Fiume del costante cambiamento" - Mario Giammetti, EditoriRiuniti - 2004
su ricordi di M.Rutherford e A.Phillips riportati nel testo indicato in riferimento all'album in oggetto.
(anche se di fatto i crediti veri e propri sono stati citati ufficialmente e distribuiti collettivamente a nome "Genesis")

per la parte riguardante i testi tradotti -completi o in parte- dei vari brani qui riportati :

fonte "THE MUSICAL BOX : Le canzoni dei Genesis dalla A alla Z" - Mario Giammetti - Arcana Editore
fonte "GENESIS" G.P.Vigorito, Gammalibri Editore - 1981
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 21 May 2020, 18:21

IN THE WILDERNESS (Phillips)


"Scompaiono lasciandosi alle spalle il mondo dei giochi
E le foglie hanno raccolto polvere per correre come cervi
Strappando pezzi della nostra vita per alimentare l'alba
La nebbia circonda i gabbiani battezzati dall'uragano
Musica, tutto ciò che odo intorno a me è musica, garantita per piacere..."


Inizio di grand piano-basso-voce in simbiosi, a disegnare l'ennesimo tema armonico promettente, ben presto però catturati (da 0:30") e messi a tacere dalla solita aguerrita sezione di archi che qui raggiungono toni insopportabili nel volersi opporre a tutto nel tentativo di risaltare alle orecchie di chi ascolta (con la console mixer e di chi la governa totalmente al loro servizio) con il risultato che la sola voce di Gabriel riesce, con fatica, ad emergere nei ritornelli (mentre le strofe sono fortunatamente più chiare all'ascolto); batteria ancora una volta diminuita di livello (rispetto a quanto sarebbe logico aspettarsi) sebbene un pò più presente rispetto ai brani precedenti: un suo veloce rullante a 1:50 del brano rappresenta l'unico momento di gloria -quale suo momento maggiormente udibile- che la produzione ha voluto riservare a J.Silver in tutto l'album; ad essere sinceri e a volere essere obiettivi, appena dopo quel rullante di batteria, il minuto 01:55 annovera il momento migliore del modo con cui sono stati usati gli archi, con quel pianissimo in rapido crescendo che per alcuni secondi, sospeso in aria, senza alcun altro strumento intorno, risulta davvero molto bello ed intenso, per poi però rituffarsi immediatamente nel caos generale della sovrabbondanza di strumenti (e voce) all'arrivo dell'ennesimo ritornello. Anche la chitarra ritmica fatica a farsi percepire, sovrastata da basso ed archi; a malapena si avverte il pianoforte (solo quando cessano i vibrati degli archi). I ritornelli sono quanto di più confuso (e privi di risoluzione) sia dato da ascoltare, con la prevalenza degli archi a dominare insistentemente su tutto e la voce di Gabriel che cerca faticosamente di farsi udire, con il basso che cerca di mettere equilibrio. Quando la massa confusionaria di suoni finalmente cessa, è quasi con sollievo che viene accolta la breve e serena coda finale di solo grand piano eseguita da Banks, sul tema armonico del ritornello... Ancora vive congratulazioni alla coppia di autentici geni, veri campioni di maestria cosmica, che pascolarono in cabina di regia durante la registrazione. Ormai appare chiara la direzione che hanno voluto dare al disco : evidentemente non fidandosi troppo delle qualità tecniche dei ragazzi della band, hanno dato il compito ad archi ed ottoni di risaltare e coprire, dominando i temi conduttori nella maggiorparte dei brani. Da annoverare che i dubbi sulla qualità di registrazione non sono più da definire tali, ma una conferma alle impressioni già ricavate in precedenza : finchè il messaggio musicale è semplice (con numero limitato di strumenti oltre alla voce guida, cioè) nessun problema; ma quando il messaggio inizia a farsi più complesso (e con questo il numero di strumenti coinvolti, con alto numero di archi e ottoni aggiunti che non aiuta di certo) i problemi sono più che evidenti... NEGATIVA




THE CONQUEROR (Gabriel-Banks-Phillips-Rutherford)


"Si arrampica sullo specchio ed indica tutto cià che detesta
Ti dice "Attento ragazzo, stanno puntando un arma sul tuo bel viso"
Cinquecento giovani donne bussano alla porta del loro eroe
Si, il loro eroe stà facendo gli straordinari
dimenandosi sul pavimento con le teste che rotolano,
perchè il conquistatore è in arrivo.
E il giorno del giudizio stà arrivando,
perchè il conquistatore è in arrivo..."


Giunti a questo punto, appare piuttosto evidente la sostanza del disco. Quello ora in rassegna, tuttavia, è uno spigliato brano sincopato, dominato da voce, basso, grand piano e chitarra ritmica, semplice nella sua costruzione armonica e strumentale, meno ambizioso e meno ambiguo rispetto ai precedenti (forse perchè non contiene troppa massa orchestrale e proprio per questo abbastanza godibile) seppure senza eccessiva pretesa, che riesce a mettere un pò d'ordine e un pò di pace nel concigliare verso l'album. Naturalmente a dominare è sempre la voce caratteristica di Gabriel (qui stranamente mixata passando di strofa in strofa da canale sinistro a canale destro). La batteria di Silver è finalmente in buona evidenza, forse solo perchè "la magica coppia" di geni in direzione ha deciso di non insistere troppo con archi e ottoni (di fatto fortunatamente assenti in questo brano) così come la visibilità della chitarra ritmica messa finalmente più in risalto. Da metà brano in avanti, Banks aggiunge prolungate note di organo in sottofondo, mentre Phillips lascia la chitarra ritmica per arricchire il brano di preziosi ricami all'elettrica solista, evidenziandoli decisamente fino al termine. Bella e riuscita coda strumentale finale in dissolvenza. Prima di questa, in un breve "pianissimo" risalta il tono vocale di Peter Gabriel per pochi magici secondi mentre canta alcuni versi del testo, lasciato praticamente da SOLO insieme a pochi rintocchi di grand piano, ad illuminare e preconizzare ciò che sarà uno dei tratti distintivi nel futuro della band. POSITIVA




IN HIDDING (Phillips)


"Lontano dalla città dell'oscurità
e dalle fabbriche della verità
Sono retto di fronte alla montagna
ad un milione di miglia lontano da casa.
Lontano dalle facce della paura
ho finalmente la libertà di pensare
Nascondendomi, posso togliere tutte le maschere
che indosso sul mio viso..."


Il solito inizio -questa volta molto breve: voce guida e chitarra ritmica- promettente ed illusorio, che denota però ben presto il proprio carattere (in puro stile "mielodico" elargito a profusione), poco dopo anche oltremodo guarnito dalla produzione sovvrabbondante di archi usati nella solita direzione (dolci e leziosi, a partire da 0:45) con il chiaro intento a volere conferire al brano connotati gentili e toni edulcorati da musica leggera facilmente fruibile, con tanto di coretti fin troppo indulgenti, a circondare la voce guida nei ritornelli; la voce di Gabriel -qui in versione "confidenziale"- non aiuta certo il brano a scuotersi dalla sua morbida cadenza e dal torpore che lo caratterizzano (eppure, non oso immaginare cosa potrebbe diventare questo brano, in termini ulteriormente dispreggiativi, se dato ad altri vocalist meno dotati di Peter...). Insopportabile(per me). Canzone altamente indicata per tutti i fans di Celine Dion... Se "Rolling Stones"(la nota rivista USA) indicò "RAM" di Paul McCartney quale "punto più basso mai toccato dalla musica Rock" quando lo recensì poco dopo la sua uscita (1971), significa solo che la redazione della fanzine (per fortuna dei Genesis) non ebbe modo di ascoltare questo disco ed in particolare questa canzone... Il Paul McCartney di "RAM" è solido Rock allo stato puro, a confronto... NEGATIVA -- Un altro perfetto esempio di come la produzione sia riuscita a compromettere irrimediabilmente buone basi di partenza...




ONE DAY (Phillips-Rutherford)


"...Un giorno ti catturerò e ti chiamerò al mio fianco.
Un giorno ti porterò via dalla noia delle nostre vite.
Un giorno voleremo insieme verso il regno dei miei sogni.
Un giorno troverò me stesso e lo avvolgerò con il mio amore per te..."


In questa, per togliere ogni dubbio fin dall'inizio, gli archi partono immediatamente a dettare legge, pure contornati da campanellini nell'intro, con il solito intento arcinoto a volere coprire tutto ciò che trovano sulla propria strada per conferire al brano oggetto delle loro attenzioni un tono ed un sapore inequivocabili; comincia a subentrare una certa noia; per non parlare di disappunto; di Rock in questo brano non si respira nulla (d'accordo l'uso della melodia, ma possibile che i ragazzi non avessero ascoltato un certo "The Piper at the gets of dawn" uscito l'anno prima?...); forse abbiamo sbagliato genere, trattando di Genesis si pensava di avervi a che fare; ma non è certo tutta colpa loro, a dire il vero infatti non si comprende nemmeno dove il brano voglia condurre chi ascolta, grazie ad una produzione totalmente confusa che denota totale assenza di idee lucide ed originali. Da notare solo i pregevoli solfeggi di Banks al grand-piano nelle strofe, però ben presto mortificato dal mixaggio che lo annega nella confusione generale a vantaggio di archi ed ottoni nei ritornelli. Tutto sommato buona anche la performance vocale di Gabriel, ormai una certezza. La differenza con le canzoni che l'hanno preceduta è che in questa subentra nei ritornelli anche una tromba a rinforzare gli archi, così perniciosa ed invasiva nel modo di essere trattata, da compromettere ulteriormente il già basso livello della canzone ed accrescerne solo la confusione fino ad infastidire chi ascolta. Non occorre perderci altro tempo per parlarne. A questo punto, appare chiaro che John Silver è stato usato a cottimo e ha trascorso il tempo in studio a giocare a carte, più che a suonare la batteria, visto che la sua parte qui è stata un altra volta massacrata dal mixaggio, riducendone decisamente il livello. Più che negativa, INUTILE




WINDOW (Phillips-Rutherford)


"Guardami mentre volo invisibile in cielo
lassù, in un cielo bellissimo.

Limpido e sereno nell'amore
ho scoperto che la ricerca è finita.

L'anima ora è riapparsa
riposando nella gioia che non ha mai fine.

Dicendo addio alle paure che svaniscono.

Vieni a prendermi la mano,
e a vedermi nella mia nuova terra.

Lei siede alta su una onda increspata d'oro.

Piccole ninfe danzano nei suoi capelli.

Tutti gli alberi della terra invitano il cielo
a benedire le loro vite vuote..."


breve e bella intro; ma ormai a queste siamo abituati, così come è arrivata termina improvvisamente per lasciare spazio ad un singolo ottone (corno francese) che toglie subito ogni dubbio; infatti poco dopo subentrano anche gli archi a conferire ulteriore leziosità, per confezionare un altro "pastiche" a chiaro indirizzo stilistico: un brano lento e mieloso dall'andamento "confidenziale", come la voce addomesticata di Gabriel adattata per l'occasione, quasi sussurrata; una specie di "ninna nanna" che ad uno come me non può non ricordare un altra "nenia" particolarmente celebre sul genere, che ovviamente aborrisco, quale la "Good Night" di Beatlesiana memoria, entrambe altamente indicate solo per prendere sonno. Ma di emozioni neanche a parlarne. Ci sono momenti in cui archi ed ottoni insieme coprono praticamente tutto, voce di Gabriel a parte, conferendo all'ascolto un atmosfera insopportabilmente tediosa dai connotati totalmente squilibrati verso il melenso, fino al punto di chiedersi "ma quanto ancora dura?!...". Il più fortunato della situazione è J.Silver che si è andato a fare nel frattempo una pinta nel pub più vicino, dato che in un contesto simile la sua batteria non è richiesta. Inizio anche a preoccuparmi nel frattempo, perchè all'ascolto di questa la mente inizia a vagare verso una serie di brutture celebri fatte canzoni a me note, ed il pensiero corre verso una altra mia "adorata detestabile" della band ("More Fool Me" ndr) che a confronto stò seriamente rivalutando: un incubo?!... No, ma che Noia! Quando arriva la fine?!... Con questa canzone, più che di giudizio "positivo" o "negativo", è più appropriato riferire di FATTORE DETESTABILITA' : DECISAMENTE ELEVATO (nel ricreare atmosfere simili, volendosi accostare ad un genere ben preciso -che questo brano cerca di emulare fallendo nell'intento- i Beach Boys e Brian Wilson erano decisamente migliori e più inventivi!...) --- Ennesimo esempio di come una produzione assai poco attenta sia riuscita a rovinare buone idee di partenza...




IN LIMBO (Gabriel-Banks)


"Per favore, portatemi via
lontano da questo posto
verso la stella più alta del cielo.
verso la caverna più profonda della notte.

Pace --- galleggia nel limbo
limbo --- non porta da nessuna parte
pace --- senza movimento
piango --- quando morirò ?
Dio --- dov'è la mia anima ?..."


Dopo la micidiale sequenza dei tre brani a precederla, finalmente qualcosa degno di nota per le mie orecchie. La mia preferita dell'album (insieme a IN THE BEGINNING e THE SERPENT); e si che non mi reputo un cliente ostico, sono piuttosto accondiscendente e variegato nei miei gusti musicali, eccetto per l'eccesso di "miele e zucchero" che non sopporto e che in questo disco purtroppo abbondano, nell'intento dei suoi produttori come primi da chiamare in causa. Molto bella la breve intro. Il brano è ben ritmato, chiare atmosfere anni '60. Splendidamente riuscito il solido refrain di inizio strofe ad opera di basso e grand piano. C'è pur sempre la presenza degli ottoni (che ormai bisogna accettare come "insieme" del "pacchetto viaggio" al pari degli archi) qui proposti in maniera perlomeno "accettabile" non troppo invasivi ma bene adattati ed integrati al tema armonico, inseriti perfino con un certo buon gusto, ad accompagnare sia strofe che ritornelli, direi senza dubbio il lavoro migliore operato da Warburton in tutto l'album; belle e convincenti le parti di Banks e Rutherford ai rispettivi strumenti, con Phillips appena dietro in secondo piano nelle strofe ma più presente nei ritornelli a dettare il ritmo, ai quali il mixaggio rende finalmente giustizia; buona anche la voce di Gabriel, ma in quest'ultimo caso ormai non si scopre nulla. Veramente ottima la costruzione armonica sia nelle strofe che nei ritornelli ed i ponti ad unirli (specie nella cadenza Basso e Grand-piano ad introdurre le strofe) mentre per l'ennesima volta è da segnalare che hanno spedito John Silver a servire il thè anzichè sedersi alla batteria (questo è almeno quanto si deduce dal mixaggio del brano, dal quale la sua batteria per l'ennesima volta è ridotta ai minimi termini e appena udibile quasi confondendosi tra la chitarra ritmica e il basso; fossi stato in lui all'ascolto del prodotto finito, mi sarei sentito quanto meno OFFESO...). Unico aspetto criticabile del brano, la sua confusa coda finale a mio avviso non ben riuscita, nella quale emergono però interessanti spunti di chitarra elettrica di Phillips e nella quale paradossalmente sembrano avere alzato il livello della batteria di Silver fino a metterla più in evidenza.... Nel complesso, il brano che risulta essere quello meglio prodotto dell'intero album. POSITIVA




SILENT SUN (Phillips)


"Come un sole silenzioso che non brilla mai
Lei è il calore del mio cuore solitario.

Come il movimento di una ruota che gira
che non puoi fermare e guardare altrove.

Baby, ti sento così vicina
vorrei che potessi vedere il mio amore.

Baby hai cambiato la mia vita
stò cercando di dimostrartelo.

Come una minuscola pietra che si nasconde
non ti accorgi che sono proprio lì vicino.

Come un torrente che raffredda il mare
non riesci a comprenderlo nel tuo orgoglio.

Quando la notte rivela un cielo pieno di stelle
io vorrei poterlo prendere tutto nelle mie mani.

Quando i fiocchi di neve spianano la terra deforme
la tua bellezza cela la gioia che ho trovato."


Inizio brevissimo particolarmente ambizioso, con quelle note scandite di grand piano dal sapore di "classica contemporanea", per un brano non troppo convincente appena se ne delinea lo sviluppo armonico; andamento melodico edulcorato quasi da formato "easy listening" sia nelle strofe che nei ritornelli, impressione fortemente rinsaldata dall'uso degli archi che arrivano puntuali alla seconda strofa, per restare e dominare in tutto il loro splendore(sic) fino al termine del brano; per fortuna, la presenza della voce di Gabriel (rinforzata dai cori nei ritornelli) riesce in qualche modo a mascherare una situazione fin troppo evidente e sbilanciata (non oso immaginare l'effetto finale di alcuni brani dell'album già analizzati, compreso questo, dati nelle mani e nella voce di cantanti dal tono vocale più morbido e lezioso, e dall'impronta meno stentorea "forte-drammatica" e privo dei cromatismi "cangianti-tenebrosi" caratteristici della voce di Peter). Nota sul testo del brano: davvero bello e suggestivo; avrebbe meritato una costruzione strumentale ed armonica decisamente diverse a vestirlo, rispetto a quella che è dato a sentire. Siamo quasi alla fine del disco e un dubbio permane ancora irrisolto : hanno deciso di abbassare così evidentemente -ancora al punto quasi da non udirla- la pista del nastro master in cui è registrata la batteria perchè fà così schifo -secondo i produttori- o perchè J.Silver gli stà antipatico?... o cosa diavolo altro ?... mah... NEGATIVA




A PLACE TO CALL MY OWN (Phillips; Banks) ***
da notare che A.Phillips rivendica la composizione del brano, che a suo dire originariamente era assai più lungo (6 minuti) e solo scritto da lui, successivamente riarrangiato per una forma più breve, come quella che compare nell'album, da A.Banks


"Ed ho quasi trovato un posto tutto per me...
Svegliandomi avverto vicino la sua presenza
--(nota: sua intesa come "her", femminile)--
Il diavolo è qui intorno, il calore è ovunque
Sono solo figlio suo, la mia dea guardiana
Ora stò arrivando alla fine del viaggio all'interno del suo grembo
E credo finalmente di aver trovato un posto tutto per me."


Se non altro un brano da godere nella sua semplicità, ovvero finchè a condurlo sono solo il grand piano di Banks & la voce di Gabriel
decisamente magici da ascoltare, anche in esercizi apparentemente innoqui e privi di ambizione come lo può essere apparentemente questo, specie dal minuto 0:40 quando sia il grand piano che la voce evolvono verso toni alti, producendo un passaggio sonoro bellissimo ed un pathos intenso per chi ascolta; questi due "kids" da soli (da intendere insieme, senza nessun altro intorno) possedevano un "quid" del tutto particolare, il cui risultato finale quasi sempre metteva i brividi addosso a chi ascolta; ma dal min 1:10 arrivano puntualmente gli archi e gli ottoni a rompere anche questo breve magico incantesimo e a ristabilire "lo standard" ormai noto, fino a dissolversi in una coda finale dai toni completamente differenti da quelli che hanno caratterizzato l'inizio pregevole del brano: un finale decisamente avulso, banale, sconclusionato, che reca la sensazione come "di voler chiudere tutto frettolosamente per ritornare a casa", e che lascia una certa perplessità a chi ascolta. Alla fine si prova come un "senso di amaro in bocca" per ciò che avrebbe potuto essere ed invece non è stato. Comunque poco più che un semplice abbozzo di 2 minuti, troppo poco per ristabilire la precaria situazione, tanto più che siamo ormai arrivati alla fine del disco. NEGATIVA (anche se dei due minuti che compongono la canzone, il primo minuto è a dir poco stupendo.)
Last edited by aorlansky60 on 21 May 2020, 18:58, edited 2 times in total.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 21 May 2020, 18:25

----- EPILOGO - parte 3za (di 3) -----


Un appunto tecnico importante da citare prima di iniziare qualsiasi considerazione finale : ho condotto l'ascolto dell'album in versione CD, catalogo DECCA DC 863092, masterizzazione anno 1996; impianto di riproduzione di buon livello tecnico; sala d'ascolto trattata acusticamente (al fine di ottimizzarne la resa audio ambientale).

Per l'occasione non ho rispolverato il mio venerabile Lp originale DECCA SKL 4690, dal quale è forse ipotizzabile -lo spero soprattutto nei confronti di John Silver e della sua batteria- una migliore qualità di resa finale, soprattutto in conseguenza di un diverso e più attento mixaggio. Ciò nonostante, il concetto non cambia : dato che è fortemente ipotizzabile che la maggioranza degli utenti in circolazione -tra tutti coloro che posseggono l'album- sia dotata della versione CD, più che dell'Lp vinile, ciò che ha rilevato la mia analisi sull'album, dal punto di vista strettamente tecnico, è quanto di più vicino alla realtà in ambito digitale. E daltronde, visto e considerato che il primo album dei Genesis è stato oggetto nel tempo di un numero così elevato di riedizioni (e di chissà quanti remix in ottica digitale, più che analogica) a questo punto il discorso si fà ancora più nebuloso, ma ci tenevo a precisarlo.

Se non altro, credo che un record il disco in oggetto lo possa vantare e non glielo possa togliere nessuno :
come accennavo prima, si tratta del titolo con il numero di ristampe e di riedizioni -e con differente num. di catalogo adottato ogni volta, sia in formato analogico che in formato digitale- più elevato in assoluto nella storia del pop. Almeno credo. A voler correre dietro a tutte le edizioni, sia analogiche che digitali, pubblicate in 50anni e a volerle collezionare tutte, credo che il rischio di diventare matti sia molto elevato.


CONCLUSIONE : Alla fine il verdetto è [per me] fin troppo chiaro : BOCCIATURA quasi TOTALE al 80%
pur con le attenuanti già citate;


Alla fine dell'audizione dell'album, la sensazione generale è la stessa di quella che ho descritto al termine dell'ultimo brano: una sorta di amarezza non appagata, perchè per un orecchio attento -al di là di essere estimatore della band di lunga data e per questo in qualche modo forse condizionato nel giudizio- è facile rendersi conto, nonostante l'età giovanissima dei ragazzi della band, che c'era un ottimo potenziale di base per poter fare molto meglio; quei ragazzi erano davvero già ricchi di talento e pieni di idee interessanti, bastava forse solo concedere loro un pò più di fiducia, per trasformare un album interlocutorio in un qualcosa di assai meglio riuscito sotto il profilo puramente Rock.

Ma, lo ripeto,la responsabilità non è dei Genesis ne da ascrivere a Gabriel Phillips Banks o Rutherford in particolare (evito di citare il povero J.Silver, cosa che sembrerebbe perfino ingiuriosa nei suoi confronti, visto come fu trattato...) ma di una coppia di scriteriati incapaci -musicalmente parlando- che al tempo si credevano forse due geni(sic) della console(mixer) e dello show-bizz; messo in altre mani, questo progetto avrebbe forse incontrato migliore sorte, ma con i "se" e con i "ma" non si fa la storia, ne si può pretendere che giovani rampolli di belle speranze ma perfetti sconosciuti, in quanto esordienti nel mondo musicale, avrebbero potuto ambire ad entrare nelle attenzioni di produttori del calibro di George Martin o di Gus Dudgeon tanto per citare due celebri casi di "produzione capace e molto spesso geniale"...

Dal punto di vista tecnico, ancora da sottolineare altri aspetti critici rilevanti, quali :
un mixaggio decisamente discutibile ed una veramente pessima qualità di registrazione.
(e si che al tempo in cui venne registrato l'album -1968- la console 8 piste si era già imposta come standard a tutti gli effetti in tutti gli studi di registrazione, almeno quelli che "contavano" per davvero; la spiegazione di questo deludente risultato finale è semplice : se metti un asino privo di accurata conoscenza di fronte ad un potenziale tecnico notevole, non ti devi per forza aspettare che quell'asino saprà sfruttare il 100% del potenziale offerto...). Verosimilmente la causa principale è anche un altra: ad una band di debuttanti, come lo erano i Genesis nell'occasione, non è stato certo concesso un budget economico stellare, tale da riuscire a supervisionare ogni dettaglio tecnico da parte di chi doveva farlo, con la sensazione che si è cercato di confezionare un prodotto raffazzonato impiegando il minor tempo possibile, dato che lo studio di registrazione -in affitto- costa(non poco...), così come costano i vari direttori artistici ("attenti a quei due" di archi e ottoni) messi a disposizione, che non lo hanno fatto certamente gratis...

Altra considerazione : Peter Gabriel con la sua voce già portentosa è quello che in molti brani risolve la situazione, coprendo fin che può sdolcinature e melasse di vario tipo (apportate in prevalenza da archi ed ottoni) generosamente distribuite in molte parti dell'album, purtroppo in qualche caso anche lui soccombe a scriteriate scelte produttive e non può fare miracoli. Non oso pensare cosa avrebbe potuto essere quest'album senza Peter Gabriel, con un altro cantante dal timbro vocale più naturalmente impostato verso il genere "melodioso" o "melodico"... meglio evitare.

E se mi fossi ritrovato ad essere John Silver, una volta ascoltato il prodotto finale dopo il mixaggio ed anche prima della pubblicazione del disco, avrei intentato causa legale nei confronti "dei due maghi della situazione" King e Greenslade, dato che una simile performance -per quella che fuoriesce dai solchi dell'album- non depone certo come "buon biglietto da visita" e solida credenziale in prospettiva futura, per uno che intendeva continuare la carriera come drummer professionista.

Mi accorgo anche di non essere stato affatto tenero in alcuni giudizi espressi a svariati brani dell'album, ma lo ripeto ancora una volta, la responsabilità del prodotto finale per ciò che è dato sentire non è riconducibile in maniera diretta ai Genesis. Fossi stato un opinionista seguito al tempo in ambito musicale, magari un redattore di una rivista specializzata come lo poteva essere Melody Maker in Gran Bretagna, credo che questa recensione avrebbe stroncato la carriera a Jonathan King e a Arthur Greenslade più che ai Genesis, con l'augurio personale all'uomo della DECCA di rimanere ancorato in ambito classico dove le sue qualità potevano decisamente essere meglio sfruttate, evitando così di arrecare altri danni in ambito pop dove fallì clamorosamente, come lo prova buona parte di quest'album. E con il consiglio personale al manager della band -anche produttore per l'occasione- di darsi all'ippica, visto che assai probabilmente non se lo sarebbe filato più nessuno in ambito musicale.

Con l'unica lancia che mi sento di spezzare per questi due, in un estremo tentativo di difesa a loro discolpa: che nel lavoro da loro fatto per i Genesis, pensarono ed agirono secondo gli standard del tempo; nel '68 infatti, prima della pubblicazione dell'album avventuta nel Marzo '69, ciò che è possibile sentire nelle varie canzoni è piuttosto confacente al tempo, come stile, mentre ascoltato 20 o 30anni dopo -o peggio ancora nel 2019, 50anni dopo- denota tutto il suo tempo fino a far pensare che non è invecchiato affatto bene, a differenza invece dei grandi dischi della storia del pop rock -o perlomeno quelli che ne hanno recato traccia in qualche modo, grazie alla loro inventiva e alla loro qualità- che sono ricordati ancora oggi proprio per quello che furono 50anni fà e per quello che rappresentano ancora oggi all'ascolto. Purtroppo, a sfavore dell'album e dei suoi due produttori, gioca inevitabilmente l'impronta conferita da loro al disco, che profuma molte troppe volte più di "musica leggera" e assai meno di POP (e decisamente ancora meno di Rock)...

Altro punto da sottolineare : al di là dell'ironia e del sarcasmo che ho riversato a più riprese sulla "coppia di geni" ormai celebri, indicandoli "insieme in cabina di regia", deve essere chiarito il fatto che alla band fu richiesto di registrare le proprie parti strumentali e le voci in un primo tempo; solo a risultato finito, il materiale ottenuto -il nastro master, cioè- venne sottoposto all'attenzione di Greenslade e Warburton affinchè lo ascoltassero, decidendo successivamente la sovra-incisione delle parti di archi ed ottoni dove lo ritennero più opportuno(sic), di sicuro con la supervisione di J.King sempre presente, mentre la presenza dei ragazzi della band "nel poter dire la loro opinione" sul "processo di trasformazione" in atto è cosa certamente più dubbia, direi verosimilmente del tutto improbabile.


Con alcuni dubbi che permangono;

le domande sono :


a chi è rivolto questo disco?

perchè si dovrebbe acquistare un disco come questo?


facile farsi ora queste domande, in tempi in cui la rete di internet così democratica e tollerante ha permesso di tutto, anche entrare in possesso di materiale coperto da diritti d'autore senza pagarlo, ma ai tempi in cui fu pubblicato il disco, la faccenda era di tutt'altro aspetto...


Alla prima domanda, per me la risposta è facile : non a persone dai miei gusti. Anche se appare abbastanza verosimile che un disco del genere possa "anche" piacere; buon per loro; ma non fà per il sottoscritto. Troppo poco ciò che davvero mi piace e trovo interessante, rispetto alla quantità di materiale dozzinale che mi è dato sentire.

Alla seconda, la risposta è altrettanto semplice : per puro e semplice "completismo" (per possedere tutta la discografia della band) e anche per rispetto e come sorta di ringraziamento comunque, verso una Rock band la cui musica ha significato molto.
Quando i Genesis cominciarono a destare notorietà in seguito ai primi riusciti lavori (da NURSERY CRYME a SELLING ENGLAND BY THE POUND) tutti i fans si misero sistematicamente alla ricerca di questo disco (che la DECCA ripubblicò frettolosamente, per ovvie ragioni commerciali, sfruttare cioè l'onda del successo scaturita con gli albums successivi) comprandolo alla cieca, sottoscritto incluso.

Ma per chi non è fan della band al livello da "dovere possedere necessariamente tutto", questo disco è tranquillamente da evitare, non tanto come spesa, ma nel tempo perso a dedicargli ascolto. Anche solo in ambito Progressive, il tempo può essere speso meglio riservando attenzione ad altri titoli, a cominciare proprio da quelli successivi degli stessi Genesis. Per non parlare di una lista molto lunga di altri nomi storici e relativi titoli.
Io l'ho fatto in questi giorni -ho ascoltato l'album da inizio alla fine attentamente più volte, prendendo regolarmente appunti- solo perchè mi aiutasse a rivedere una mia alquanto datata recensione scritta sull'album, che speravo poter correggere nei giudizi; purtroppo non è stato ceme speravo; se mai in peggio rispetto a ciò che ricordavo.

Altra cosa certa è che dopo avere sentito questo disco, senza avere la memoria consolidata del "dopo" (facendo finta per un istante di non averla, ritornando a quei mesi del '69 come fossero il presente attuale), si stenta davvero a pensare prima ancora di poter credere che solo un anno dopo, quegli stessi ragazzi "non ancora uomini" saranno capaci di concepire ben altro realizzando un opera di tutt'altro spessore, una volta lasciati liberi di esplorare a loro piacimento, senza più alcun "jonathan king" della situazione tra le scatole a costringerne la fantasia e a tarparne le ali, che proverà che quei ragazzi erano dotati di enorme talento artistico pur ad un età così incredibilmente giovane.

Ma la cosa più sconcertante e sorprendente è che riacquisendo la memoria del "dopo", sapendo di che cosa sono stati capaci di fare (ad iniziare da TRESPASS, per non parlare di NURSERY CRYME, FOXTROT e SELLING ENGLAND BY THE POUND fino a proseguire oltre), l'imbarazzo e la sorpresa aumentano incredibilmente, fino quasi a pensare che i GENESIS di "FOXTROT" non potessero essere gli stessi genesis di "from genesis to revelation"... scherzi del tempo e burle della storia : questa band con i suoi componenti era evidentemente destinata ad avere una vita costellata di mutazioni strane quasi imprevedibili, infatti in un futuro più lontano si stenterà a credere che l'autore di "That's all" sia lo stesso che diede vita a "THE CINEMA SHOW"...


... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...


elenco delle citazioni (dalle 3 sezioni pubblicate) :


(1) fonte "GENESIS" G.P.Vigorito, Gammalibri Editore - 1981

*** Note sugli autori dei singoli brani : "Genesis : Il Fiume del costante cambiamento" - Mario Giammetti, EditoriRiuniti - 2004
su ricordi di M.Rutherford e A.Phillips riportati nel testo indicato in riferimento all'album in oggetto.
(anche se di fatto i crediti veri e propri sono stati citati ufficialmente e distribuiti collettivamente a nome "Genesis")

per la parte riguardante i testi tradotti -completi o in parte- dei vari brani qui riportati :

fonte "THE MUSICAL BOX : Le canzoni dei Genesis dalla A alla Z" - Mario Giammetti - Arcana Editore
fonte "GENESIS" G.P.Vigorito, Gammalibri Editore - 1981
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby rkive » 23 May 2020, 10:19

aorlansky60 wrote:Con alcuni dubbi che permangono;

le domande sono :

a chi è rivolto questo disco?

perchè si dovrebbe acquistare un disco come questo?


Grazie per la recensione, che leggerò con calma perchè mi occorre un pò di concentrazione.

Mentre mi interessano queste 2 domande, perchè c'è un "mio" principio che vorrei sottolineare:

I Genesis non hanno fatto solo musica Prog, ma anche Pop-Rock, ma sempre con stile e intelligenza.

Ora l'album From Gensis To Revelation, lo si deve ascoltare come un album di Elvis Presley con brani tipo Love Me Tender, Don't Be Cruel o Heartbreak Hotel.
Sono brani semplici, ma hanno uno stile e interpretati da un grande cantante come era Elvis e con il debito paragone il diciottenne Peter Gabriel.

Il perchè si dovrebbe acquistare un disco, è per correttezza verso gli autori e chi lavora nel campo musicale.
Se non si vuole comprarlo, c'è sempre lo streaming! [:)]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 24 May 2020, 14:34

rkive wrote:
aorlansky60 wrote:Con alcuni dubbi che permangono;

le domande sono :


a chi è rivolto questo disco?
perchè si dovrebbe acquistare un disco come questo?



Grazie per la recensione, che leggerò con calma perchè mi occorre un pò di concentrazione.

Mentre mi interessano queste 2 domande, perchè c'è un "mio" principio che vorrei sottolineare:

Il perchè si dovrebbe acquistare un disco, è per correttezza verso gli autori e chi lavora nel campo musicale.
Se non si vuole comprarlo, c'è sempre lo streaming! [:)]


… … … … …

Veramente, la mia domanda era rivolta con spirito "anni 70", quando ancora nemmeno si poteva immaginare cosa potesse essere non solo lo "streaming" ma l'intero web, internet incluso… a quei tempi, chi era appassionato di musica pop rock e comprava dischi (perché solo questi c'erano, per riprodurre musica in casa; unica alternativa la radio) ritrovandosi studente adolescente, quindi con un budget minimo e dipendente dai genitori, doveva letteralmente centellinare gli acquisti, anche perché allora non c'era nemmeno la rete di internet a guidare, ma solo riviste specializzate... o al limite il parere dei coetanei, a loro volta appassionati di musica, con i quali scambiarsi consigli...

infatti alla domanda "perché si dovrebbe acquistare un disco come questo?" ho legato l'atro quesito "A CHI E' RIVOLTO UN DISCO COME QUESTO?"... risposta: non certo agli amanti di musica Rock; in quel 1969, pochi mesi dopo (FGTR fu pubblicato nel mese di Marzo di quell'anno), usciva un certo IN THE COURT OF THE CRIMSON KING che aveva ben altro spessore tecnico/creativo, rispetto a FGTR... e il motivo di tutto questo l'ho ampiamente spiegato nella mia recensione. [:)]

L'unico altro motivo per acquistare FGTR secondo me è assecondare il completismo discografico per chi amava questa band. E' il motivo che mi spinse a farlo praticamente a scatola chiusa -avevo già conosciuto la musica della band attraverso SEBTP, Nursery Cryme, FOXTROT, TRESPASS- infatti la prima volta che lo ascoltai, una volta portato a casa nel 1974, non potei fare a meno di notare una gigantesca ingenuità generale a caratterizzarlo se messo a confronto con i dischi più recenti della band (FOXTROT e SEBTP); addirittura solo un anno separa FGTR da TRESPASS, eppure la distanza tra i due è qualcosa di siderale , ovviamente a vantaggio di TRESPASS per maturità espressiva già raggiunta. Questo significa una cosa sola: i ragazzi della band non potevano essere maturati artisticamente così drasticamente in un solo anno, per spiegare quella differenza; la ragione del fallimento tecnico di FGTR è da vedere esclusivamente nelle scelte di produzione, nelle quali i ragazzi della band -ancora troppo giovani per poter dire la loro- non poterono mettere bocca.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby rkive » 24 May 2020, 17:13

aorlansky60 wrote:Veramente, la mia domanda era rivolta con spirito "anni 70", quando ancora nemmeno si poteva immaginare cosa potesse essere non solo lo "streaming" ma l'intero web, internet incluso…

Grazie, e scusami del "misunderstaning".

Anch'io per completismo me l' ero fatto regalare da mio fratello, penso ai tempi di Abacab.

Dalla delusione iniziale per il tipo di musica e la cattiva registrazione, alla fine me ne ero innamorato, tanto da scrivermi i testi in inglese (chiaramente non tutti e con molti errori) sulla copertina bianca del porta-vinile.[:)]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 25 May 2020, 18:41

@ Rkive

Tranquillo, non c'è alcun bisogno di scusarsi [;)] anche perché avevi espresso un concetto assolutamente giusto (Il perchè si dovrebbe acquistare un disco è per correttezza verso gli autori e chi lavora nel campo musicale.)

Capisco il tuo pensiero a proposito dell'album in oggetto "Dalla delusione iniziale per il tipo di musica e la cattiva registrazione, alla fine me ne ero innamorato, tanto da scrivermi i testi in inglese..." perché non si tratta di una rock band qualunque, ma di una band che molti hanno a cuore per le emozioni e le sensazioni che buona parte della loro musica ha procurato loro, in decenni di carriera; quando è così, perdonare alcuni errori ci stà tutto, tanto più che in questo caso il risultato finale -per come l'album fu pubblicato e per quanto è dato sentire dei suoi solchi- non è assolutamente imputabile ai ragazzi (allora come lo erano) della band. Questo lo dirò fino allo sfinimento, almeno come giusta attenuante da fornire a Peter Tony Ant e Mike (e John).

Resterò sempre convinto che messi nelle mani di un produttore giusto e capace (intanto uno che non gli avesse cotto il cervello, proponendo loro di lavorare su un concept improbabile che abbracciasse l'intero arco della Creazione "dalla Genesi alla Rivelazione", [:-j] un compito arduo per chiunque figurarsi per una band esordiente di ragazzi appena diciottenni... ) che si fosse concentrato sulle canzoni messe a disposizione, tutte originali della band, e che avesse cercato di valorizzare l'intera band ripulita da inutili orpelli esterni (archi e ottoni, che il Cielo li fulmini) credo che avremmo potuto vedere una cosa al livello del primo album degli YES…

Un altro punto da sottolineare è che il disco partiva male anche per altri motivi oltre quelli che ho ampiamente già espresso nella mia recensione:

la DECCA non fece alcuna campagna promozionale a sostenerlo, tanto che una volta arrivato nei punti vendita, molti di loro travisarono il titolo come una registrazione di musica "sacra" e posero il disco lontano dal reparto "pop rock"… tanto più che il nome della band era di una totalmente esordiente e nessuno ne conosceva la provenienza... anche questi motivi determinarono il fallimento commerciale dell'album, almeno per quanto riguarda il 1969... solo quando i GENESIS si erano fatti un nome e una reputazione, moltissimi fans -me compreso- andarono alla ricerca del "1mo album dei Genesis", che la DECCA si premurò di ristampare per l'occasione...
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Starless74 » 26 May 2020, 10:58

Ulteriori considerazioni: [O:-)]
le date di uscita talvolta traggono in inganno: FGTR viene registrato dai cinque ragazzini nell'agosto 1968 ma la Decca lo pubblica solo a marzo del 1969; nel tempo che corre in mezzo, il Futuro Pregiudicato ponza e riponza che cosa farsene di questi giovani autori (che avranno pure un bravo cantante ma, porcapaletta, non mi scrivono una I Want To Hold Your Hand...) e alla fine — mesi dopo — pensa bene di chiamare due arrangiatori a smielare l'album nel modo che tutti conosciamo, senza dire nulla ai pischelli; ora di arrivare a marzo, né JK né la Decca ormai ci credono più: c'è un obbligo contrattuale, assolviamolo ma neanche un penny di promozione. Ciao ciao, Genesis (il Losco Figuro poi si rifarà con gli interessi, come sappiamo).
Trespass viene registrato nel giugno-luglio 1970, quasi due anni dopo: in mezzo c'è il Christmas cottage, Mayhew, i concerti, insomma non più una comitiva di liceali che pensano di vendere canzoni ad altri, ma una vera band. E Strat. E John Anthony, che deo gratias non è JK.
Su una cosa concordo con Banks: se FGTR avesse davvero sfondato, la strada sarebbe stata ben diversa e addio capolavori. In pratica avremmo avuto l'equivalente di Invisible Touch (il singolo) fin dagli anni '70. [:-I]
Però alcune canzoni funzionano e, con un pochino più di tempo a disposizione, più perizia nel suonare e meno interferenze "dall'alto" (praticamente, se mio nonno avesse avuto tre palle... ecc. [:D]), FGTR poteva diventare un piccolo "classico" di fine 60's. ...Ma la storia non si fa con i "se". [O:-)]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 26 May 2020, 11:33

Starless74 wrote:Ulteriori considerazioni: [O:-)]
le date di uscita talvolta traggono in inganno: FGTR viene registrato dai cinque ragazzini nell'agosto 1968 ma la Decca lo pubblica solo a marzo del 1969; nel tempo che corre in mezzo, il Futuro Pregiudicato ponza e riponza che cosa farsene di questi giovani autori (che avranno pure un bravo cantante ma, porcapaletta, non mi scrivono una I Want To Hold Your Hand...) e alla fine — mesi dopo — pensa bene di chiamare due arrangiatori a smielare l'album nel modo che tutti conosciamo, senza dire nulla ai pischelli; ora di arrivare a marzo, né JK né la Decca ormai ci credono più: c'è un obbligo contrattuale, assolviamolo ma neanche un penny di promozione. Ciao ciao, Genesis (il Losco Figuro poi si rifarà con gli interessi, come sappiamo).
Trespass viene registrato nel giugno-luglio 1970, quasi due anni dopo: in mezzo c'è il Christmas cottage, Mayhew, i concerti, insomma non più una comitiva di liceali che pensano di vendere canzoni ad altri, ma una vera band. E Strat. E John Anthony, che deo gratias non è JK.
Su una cosa concordo con Banks: se FGTR avesse davvero sfondato, la strada sarebbe stata ben diversa e addio capolavori. In pratica avremmo avuto l'equivalente di Invisible Touch (il singolo) fin dagli anni '70. [:-I]
Però alcune canzoni funzionano e, con un pochino più di tempo a disposizione, più perizia nel suonare e meno interferenze "dall'alto" (praticamente, se mio nonno avesse avuto tre palle... ecc. [:D]), FGTR poteva diventare un piccolo "classico" di fine 60's. ...Ma la storia non si fa con i "se". [O:-)]


Assolutamente d'accordo su quanto dici, anche perchè alcuni dettagli sono confutati dalla storia e da dati di fatto effettivamente avvenuti (per alcuni mesi, J.King si rigirò tra le mani i nastri masters registrati in Agosto 68 dai ragazzi, non sapendo bene quale decisione prendere, 1) farlo pubblicare così com'era ? 2) chiamare a rinforzo qualcuno per raggiungere il risultato che aveva in mente, ovvero un clone britannico dei Bee-Gees? [:-!] ...purtroppo optò per questa seconda opzione, chiamando al lavoro i due personaggi noti a comandare le batterie di archi e ottoni(sic) [xx(] da sovrapporre sul nastro master già esistente (dovendo far spazio a questi, il sacrificato fu John Silver e la sua batteria, che quasi non si sentono) e il risultato finale è quanto abbiamo da tempo sotto le mani e le orecchie...) ovviamente Ant Tony Peter e Mike vennero tenuti all'oscuro di questa scelta manageriale... e credo anche che se fosse stato possibile per loro farlo, essendo così giovani -quindi con potere decisionale al minimo sindacale- ben difficilmente avrebbero potuto opporsi... purtroppo, io quasi non considero nemmeno FGTR quale primo album dei GENESIS ma un album di un altra band; ho sempre considerato come primo capitolo della storia TRESPASS, nel quale pare di sentire una rock band totalmente diversa, dalle idee assai più chiare e decise...
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Ender » 26 May 2020, 14:46

Scusate, ma penso che FGTR non avesse poi molte possibilità di essere diverso da quel che è:
- siamo alla fine degli anni '60, il mondo conosce sostanzialmente Elvis, i Beatles e i Rolling Stones, non molto di più (vabbè i Pink Floyd cominciavano a farsi strada);
- stiamo parlando di sbarbini che oltre ad avere esperienza zero, in tutto e per tutto, seguono la moda prima di trovare una loro via musicale;
- già tanto avere un contratto con la Decca (è come se io - che scrivo libri- schifassi un contratto con Mondadori: sarei pazzo a rifiutare!);
- praticamente d'obbligo l'uso dei fiati, in quanto il mellotron costava un occhio (se non mi sbaglio il primo mellotron dei Genesis fu quello ceduto loro dai King Crimson)
Detto questo, se anche i Genesis avessero avuto delle riserve nell'uso dei fiati, la cosa doveva essere accettata obtorto collo (o magni sta minestra o salti sta finestra), e chi - di fronte a un contratto con la Decca, che al tempo rappresentava il massimo - avrebbe detto di no?
Da parte mia considero le composizioni senz'altro migliorabili e con poca ritmica (tra le altre cose, praticamente la batteria cerca di far capire che c'è ma non ci riesce), ma l'impronta di quello che diventerà il marchio di fabbrica dei Genesis, quello c'è.
Album secondo me accettabile e decoroso, visti i tempi e la situazione.
Del resto in qualche modo dovevano pure farsi le ossa: rifiutare il contratto con la Decca (al di là delle considerazioni che uno può fare sulla casa discografica) avrebbe significato chiudere i battenti ancor prima di cominciare. Dovevano cogliere l'occasione se volevano iniziare un qualche tipo di carriera nella musica.
Se poi teniamo conto che in quegli anni i Beatles facevano il bello e il cattivo tempo, non è che ci fosse molto da scegliere.
"Trespass" è tutt'altra cosa, è vero (lo adoro!) ma viene pubblicato quando la strada del progressive viene dimostrata percorribile e i tempi ormai sono maturi (King Crimson, Yes e compagnia bella).
E poi...ogni tanto lo ascolto e mi piace! [:D] [:D] [:D]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby highinfidelity » 26 May 2020, 15:51

Io in realtà sono "storicamente" in accordo con quanto scrive Ender. FGTR è un disco registrato alla Decca a fine anni '60 e suona esattamente come tutti i dischi registrati alla Decca a fine anni '60. Difatti quando alla Decca decideranno di cambiare, apriranno la sussidiaria Deram specializzata in progressive e "suoni nuovi". I Genesis sono i primi ad aver sempre detto che avevano in mente i Beatles e i Rolling Stones, e in un paio d'occasioni ho sentito loro nominare pure i Bee Gees degli esordi, per cui nonostante le ripetute lamentele (soprattutto di Ant Phillips) su come andarono le sessioni di registrazione, quand'anche venissero miracolosamente ritrovati i nastri originali, avremmo la bella sorpresa di sentire praticamente lo stesso suono, magari solo leggermente più in stereo ma nemmeno tanto.

Intendiamoci: i primi dischi (orrendi) dei Pink Floyd, quelli in cui sembra che non sappiano manco suonare e allora per spirito di carità li si definisce "psichedelici", non è che suonino né tanto meglio né tanto diversi da FGTR... [:-I]
<< Conoscete voi spettacolo più ridicolo di venti uomini che s'accaniscono a raddoppiare il miagolìo di un violino? >>
(Luigi Russolo, Intonarumorista. 1913.)
________________________

In dubbio, consultate le FAQ
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Starless74 » 26 May 2020, 16:29

Ender wrote:- siamo alla fine degli anni '60, il mondo conosce sostanzialmente Elvis, i Beatles e i Rolling Stones, non molto di più (vabbè i Pink Floyd cominciavano a farsi strada);
- stiamo parlando di sbarbini che oltre ad avere esperienza zero, in tutto e per tutto, seguono la moda prima di trovare una loro via musicale;

Sulla seconda, nulla da eccepire. Ed è quello a mio avviso il punto fondamentale: giovani, inesperti e anche un po' "insulari" perché, a parte qualche scappatella a Londra di Peter o Mike, se ne stavano pur sempre in collegio e la 'swinging London' dell'anno prima (ad esempio) l'avevano vista giusto di striscio.

Quanto alla scena pop inglese del 1967-68 (per il "mondo" era ancora presto), beh... c'erano stati i Moody Blues di Days of Future Past, i primi due album dei Nice, i primi due di Jimi Hendrix*, quasi tutti i Cream, gli Yardbirds, la psichedelia dei Soft Machine pre-svolta jazz (se proprio vogliamo trascurare quel capolavoro pop psichedelico che è The Piper At The Gates Of Dawn...)
Diciamo che, se certe cose non sono arrivate dalle loro parti, dipendeva forse più da loro. [;)]

* Lo so che Jimi era di Seattle, ma si è affermato prima a Londra che in patria.
Last edited by Starless74 on 27 May 2020, 11:18, edited 1 time in total.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 27 May 2020, 06:36

Ender wrote:Scusate, ma penso che FGTR non avesse poi molte possibilità di essere diverso da quel che è:
- siamo alla fine degli anni '60, il mondo conosce sostanzialmente Elvis, i Beatles e i Rolling Stones, non molto di più (vabbè i Pink Floyd cominciavano a farsi strada);



non è propriamente così, troppo riduttivo… perché ben oltre l'umus dell'underground, nel 69 sono già emersi fenomeni rock di tutto rispetto da entrambe le sponde dell'Atlantico: in UK THE WHO sono già solida realtà, stessa cosa per quanto riguarda YARDBIRDS, KINKS, ANIMALS etc... nel 66 nascono i CREAM (gruppo basilare per un certo tipo di rock futuro), nel 66 Jimi HENDRIX decide di andare a Londra e farsi conoscere (nel 67 crea la sua band trio, eponima dei CREAM) sempre in UK PROCOL HARUM, MOODY BLUES, NICE, FAMILY fin dal 67 hanno già precorso i tempi, mostrando una via alternativa (le basi seminali del futuro prog) al rock tradizionale con matrice blues di CREAM e HENDRIX; dall'altra parte dell'oceano BYRDS, BUFFALO SPRINGFIELD, GRATEFUL DEAD, JEFFERSON AIRPLANE e molti altre bands della baia di FRISCO sono attivi dal 66, per non parlare di LOU REED e dei VELVET UNDERGROUND nel versante di NYC. E ritornando in UK, come già detto prima, c'era stata l'importante svolta psichedelica targata PINK FLOYD con il loro album d'esordio del 67... La verità è che nel 68 -all'epoca in cui i nostri registrarono FGTR- gli esempi a cui attingere erano assai più variegati dei soliti standard "Beatles & Rolling stones"...

Ender wrote:- stiamo parlando di sbarbini che oltre ad avere esperienza zero, in tutto e per tutto, seguono la moda prima di trovare una loro via musicale;


concesso;

Ender wrote:- già tanto avere un contratto con la Decca (è come se io - che scrivo libri- schifassi un contratto con Mondadori: sarei pazzo a rifiutare!);


ri-concesso; erano così giovani e candidamente entusiasti all'idea di ritrovarsi dov'erano (gli studi DECCA) che l'ultima cosa che potevano avere nel cervello era quella di contrariare lo staff DECCA e il loro manager J.King… c'erano passati anche gli stessi Beatles prima di diventare celebri, da quello stato d'animo, nel 62 quando per la prima volta misero piede negli studi EMI di Abbey Road...

Ender wrote:- praticamente d'obbligo l'uso dei fiati, in quanto il mellotron costava un occhio (se non mi sbaglio il primo mellotron dei Genesis fu quello ceduto loro dai King Crimson)


Un mellotron si poteva anche affittare per il corso delle sessions (cosa che peraltro gli stessi Genesis fecero nell'occasione delle sessions di TRESPASS) e credimi, questo costa assai di meno che non reclutare un intera sezione archi e un altra di ottoni (il sindacato Inglese dell'epoca era molto attivo nel difendere il minimo di paga base cui doveva aver diritto un turnista nel suo ruolo accertato di musicista classico), senza parlare dei due personaggi che diressero le sezioni orchestrali, e non solo, che si incaricarono di scrivere le partiture, e questo non lo fecero gratis...
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Ender » 27 May 2020, 09:31

Mah...se l'orchestra era stata imposta dalla Decca, mi pare strano che non fosse compresa nei termini del contratto, a meno che non risulti che la spesa è stata sostenuta dai genitori dei Genesis (cosa che mi pare perlomeno difficile): per questo non mi sono posto il problema dei costi del personale. [:-I]
Vero quel che dici sul panorama musicale del periodo, ma credo non sia applicabile al nostro caso per un paio di motivi: anzitutto la Decca (se l'ho inquadrata bene, per il periodo) non sarebbe stata disposta a incidere musica di un certo tipo e in secondo luogo se i Genesis (dall'alto della loro esperienza, cioè zero) volevano in qualche modo farsi notare, era giocoforza lanciarsi nella corrente musicale che dava maggiori possibilità (i già citati Beatles, per dire), senza contare che sia dal punto di vista tecnico che compositivo - ma soprattutto dal primo - non potevano in alcun modo competere con gli altri nomi che hai citato.
Detto questo, faccio la mia affermazione del momento: il peggior brano di FGTR si mangia tutti quelli che sentiamo a Sanremo a colazione, pranzo e cena.
Ecco, l'ho detto! [:-D] [:-D]
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Starless74 » 27 May 2020, 12:06

aorlansky60 wrote:
non è propriamente così, troppo riduttivo… perché ben oltre l'umus dell'underground, nel 69 sono già emersi fenomeni rock di tutto rispetto da entrambe le sponde dell'Atlantico: in UK THE WHO sono già solida realtà, stessa cosa per quanto riguarda YARDBIRDS, KINKS, ANIMALS etc... nel 66 nascono i CREAM (gruppo basilare per un certo tipo di rock futuro), nel 66 Jimi HENDRIX decide di andare a Londra e farsi conoscere (nel 67 crea la sua band trio, eponima dei CREAM) sempre in UK PROCOL HARUM, MOODY BLUES, NICE, FAMILY fin dal 67 hanno già precorso i tempi, mostrando una via alternativa (le basi seminali del futuro prog) al rock tradizionale con matrice blues di CREAM e HENDRIX; dall'altra parte dell'oceano BYRDS, BUFFALO SPRINGFIELD, GRATEFUL DEAD, JEFFERSON AIRPLANE e molti altre bands della baia di FRISCO sono attivi dal 66, per non parlare di LOU REED e dei VELVET UNDERGROUND nel versante di NYC. E ritornando in UK, come già detto prima, c'era stata l'importante svolta psichedelica targata PINK FLOYD con il loro album d'esordio del 67... La verità è che nel 68 -all'epoca in cui i nostri registrarono FGTR- gli esempi a cui attingere erano assai più variegati dei soliti standard "Beatles & Rolling Stones"...

Ecco, non avrei saputo dirlo meglio (e infatti prima l'ho detto peggio [:D] ).

Ender wrote:la Decca (se l'ho inquadrata bene, per il periodo) non sarebbe stata disposta a incidere musica di un certo tipo e in secondo luogo se i Genesis (dall'alto della loro esperienza, cioè zero) volevano in qualche modo farsi notare, era giocoforza lanciarsi nella corrente musicale che dava maggiori possibilità (i già citati Beatles, per dire), senza contare che sia dal punto di vista tecnico che compositivo - ma soprattutto dal primo - non potevano in alcun modo competere con gli altri nomi che hai citato.

Il "problema" a mio avviso non era tanto la Decca, che nella sua sussidiaria "di nicchia" Deram aveva già ospitato (fra gli altri) i Moody Blues di Future Past, nonché un disco semi-demenziale (e francamente invendibile) come The Cheerful Insanity Of Giles, Giles and Fripp, figuriamoci se si sarebbe spaventata davanti a pischelli con ambizioni "autorali".
Il punto è King e la sua JonJo Music: parliamo di un personaggio che sia prima che dopo ha sempre cercato la hit usa e getta (cercatevi su YouTube i suoi "successi", con o senza pseudonimi: Una paloma blanca, One For You One For Me, le cover di Let It All Hang Out, Satisfaction e Sugar Sugar... [:-j] ). Quali che fossero intento, bravura e consapevolezza dei cinque liceali (senz'altro molto opinabili), l'indirizzo dato dal Figuro a tutto il progetto ha senz'altro contribuito al suo temporaneo fallimento.
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby aorlansky60 » 27 May 2020, 13:41


@ Ender
@ Starless74


il "punto" focale del problema che stiamo trattando, penso l'abbia citato Starless in una frase : "il punto è King e la sua JonJo Music…"

In qualità di manager della band - i ragazzi avevano firmato regolare contratto nei suoi confronti- egli si poteva arrogare ogni tipo di scelta che credeva più opportuna, nell'interesse primario di riuscire a far "vendere" il più possibile quell'album, e proprio quello fece. Se non fosse stata per scelta primaria di King, quel disco non avrebbe mai visto quella massa orchestrale -archi e ottoni- che l'ha caratterizzato oltremodo...
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby rkive » 13 Jun 2020, 14:07

aorlansky60 wrote:
Dal punto di vista tecnico, ancora da sottolineare altri aspetti critici rilevanti, quali :
un mixaggio decisamente discutibile ed una veramente pessima qualità di registrazione.
(e si che al tempo in cui venne registrato l'album -1968- la console 8 piste si era già imposta come standard a tutti gli effetti in tutti gli studi di registrazione, almeno quelli che "contavano" per davvero...

Una curiosità che forse è già stata spiegata in altri post su FGTR.

Ho letto su un libro che la registrazione è stata fatto con una console a 4-piste, ma è possibile fare un'ipotesi su cosa registrava ogni singola pista?

Ad esempio la prima pista la voce di Peter Gabriel, la seconda e la terza il piano, le chitarre, la batteria, i cori e la quarta le sovraincisioni di alcuni mesi dopo degli archi e degli ottoni?

Poi come ha fatto King a sovraincidere la batteria nel The Silent Sun 2006?
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby Starless74 » 13 Jun 2020, 15:27

rkive wrote:Ho letto su un libro che la registrazione è stata fatto con una console a 4-piste, ma è possibile fare un'ipotesi su cosa registrava ogni singola pista?
Ad esempio la prima pista la voce di Peter Gabriel, la seconda e la terza il piano, le chitarre, la batteria, i cori e la quarta le sovraincisioni di alcuni mesi dopo degli archi e degli ottoni?


Ai tempi del 4 piste (quasi tutti gli album dei Beatles furono incisi su questo formato) si faceva più o meno così:
    * base ritmica: tipicamente, traccia 1: batteria, traccia 2: basso, traccia 3: altro strumento (chitarra ritmica, piano, etc);
    * riversamento delle tracce 1-2-3 sulla traccia 4; ora 1, 2 e 3 sono nuovamente libere;
    * sovraincisioni sulla 1 e sulla 2;
    * riversamento di 1 e 2 sulla -> 3
    * ultime sovraincisioni su 1 e 2
totale: 7 strumenti/voci
rkive wrote:Poi come ha fatto King a sovraincidere la batteria nel The Silent Sun 2006?

Nel 2006 c'era già il computer e ProTools, possibili sovraincisioni all'infinito [;)]
(anche Gabriel e Hackett sul cofanetto Archive han fatto così).
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Re: Genesis: Analisi degli album - From Genesis To Revelatio

Postby rkive » 13 Jun 2020, 15:58

Starless74 wrote:
Ai tempi del 4 piste (quasi tutti gli album dei Beatles furono incisi su questo formato) si faceva più o meno così:
    * base ritmica: tipicamente, traccia 1: batteria, traccia 2: basso, traccia 3: altro strumento (chitarra ritmica, piano, etc);
    * riversamento delle tracce 1-2-3 sulla traccia 4; ora 1, 2 e 3 sono nuovamente libere;
    * sovraincisioni sulla 1 e sulla 2;
    * riversamento di 1 e 2 sulla -> 3
    * ultime sovraincisioni su 1 e 2
totale: 7 strumenti/voci
rkive wrote:Poi come ha fatto King a sovraincidere la batteria nel The Silent Sun 2006?

Nel 2006 c'era già il computer e ProTools, possibili sovraincisioni all'infinito [;)]
(anche Gabriel e Hackett sul cofanetto Archive han fatto così).

Grazie mille! [:)]

Cercavo di dare una giustificazione a King perchè aveva solo 4-piste, ma come ho capito anche con poco si poteva fare molto di più! [:(]
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