Come detto da Aor, quanto segue appare certamente già in questo forum anche se non conosco esattamente tempo e luogo.
La pietanza è la stessa, cerco di cucinarla in modo diverso.
Nel 1974/75 ero un bimbetto di 6/7 anni lontano anni luce dalla musica e dall’ Inghilterra che capiva avere un certo fascino sui giovani come cantava anche quel cantautore romano seduto sul tettuccio di una due cavalli che mia sorella ascoltava spesso.
Anni storicamente difficili di una crisi petrolifera indotta più che reale (all’epoca…), di terrorismo e ben lontani dal miracolo italiano del decennio precedente.
Qualche piccolo miracolo, a dire la verità, si compiva ugualmente, uno di questi era quasi inspiegabile come certi enigmi tipo le linee di Nazca o i cerchi nel grano: come poteva una famiglia intera di 4 persone riuscire a fare la tratta Bologna/Piombino - per poi imbarcarsi per l’ isola d’ Elba – stipando corpi e bagagli in una cinquecento??? Perché io, oggi, con un figlio solo e una station wagon spesso sono in vacca???
Era in queste trasferte che mia sorella maggiore, all’epoca 13enne, sfoderava il suo mangiacassette portatile Philips – per l’ autoradio estraibile ripassare almeno 4/5 anni dopo… - con tanto di biro Bic per quando il nastro si arrotolava, e lo foraggiava con Baglioni, Battisti (Il mio canto libero), Neil Young (Harvest), Pink Floyd (Dark side), tutte cose che subivo senza particolare interesse ma nemmeno sofferenza. Oltre a queste c’era una cassettina gialla che destava la mia curiosità perché vi era un punto che aspettavo con una certa emozione: nel mezzo di un brano lungo e concitato il cantante esclamava “
Robin Hood”. E l’ abitante della foresta di Sherwood era uno dei miei personaggi preferiti, complice il film Disney proprio di quel periodo.
Per almeno altri 7/8 anni a seguire il mio rapporto con la musica tutta è di sano e totale disinteresse, continuando a viverla di rimando tramite appunto mia sorella che intanto ingrossava la pila dei vinili allargandosi verso Earth Wind & fire, Chicago, Bee Gees, ELO, America, Wings, Mike Oldfield ecc...
In terza media mi accorsi che tutti i miei coetanei parlavano e trattavano di musica, oltre che di calcio e gnocca ma quest’ ultima più per sentito dire. Addirittura gli scambi di vinili in classe mi parvero roba da marziani. Mi accorsi con raccapriccio che pure a mia cugina, della mia stessa età, per il compleanno cominciavano a regalare dischi mentre io ero ancora ai micronauti. Non solo: ero appassionato di Basket e non di calcio. Sulla gnocca sorvolo…
Il marziano evidentemente ero io.
Dovevo aggiornarmi e cominciai a prestare attenzione a quanto era in voga in radio in quel periodo. Incappai in rettore, Bennato e Zero fase lustrini e boa di struzzo… ma pur con tutto l’ impegno continuai a preferire i micronauti. Cominciai quindi a spulciare tra i dischi di mia sorella, tentando di crearmi un percorso di formazione musicale nella speranza di aver assimilato qualcosa in anni di ascolti indiretti. Qualcosa nacque ma i problemi non mancarono. La cosa più recente che all’epoca mi sfagiolava era The Wall, ma quando lo proposi in classe aveva già un paio d’anni, era roba
da jurassiko. Era il momento dei Police e dei Dire Straits. Quando mi appassionai a questi era già l’epoca degli U2. Sono sempre arrivato col treno dopo insomma.
Decisi che essere trendy non faceva per me. A parte qualche classico mi innamorai degli Alan Parsons Project, forse il mio vero gruppo formativo ossia che ho ascoltato con attenzione. Band che mi ha spinto ad approfondire altri nomi famosi presenti in casa. Tutta roba al di fuori delle mode:
Alan Person, ah sì quello di mamma gamma…
Nel pomeriggio di un imprecisato giorno primaverile del 1983 accadde un fatto che avrebbe avuto una certa influenza sulla mia vita: un amico, a dir la verità poco più che conoscente, passato dall’ hard rock alla new wave ma desideroso di farsi una cultura classica, sapendo che avevo dischi in casa per via di una sorella maggiore mi chiese se avevo qualche disco vecchio dei Genesis.
Avevo registrato su cassetta, dal vinile di mia sorella, Face Value. Per me i Genesis erano la band di Phil Collins, Gabriel lo conoscevo poco e solo di nome e nemmeno sapevo che ne era stato lo storico cantante.
In effetti qualcosa in mezzo ai dischi c’è risposi e mi imbattei in Nursery Cryme, Genesis live, W&W, e la cassettina di Selling. Mi ritornarono in mente i viaggi in 500 e Robin Hood. Quando il mio amico mi restituì i dischi cominciai a cercare quel brano. Fu come rivedere un vecchio amico, intanto cresciuto, e rivangare antichi momenti felici rendendoti conto che non lo avevi giudicato come meritava.
Sono anni che ho in casa questi dischi come posso accorgermi solo ora della loro bellezza ??L’ho sempre immaginato come un incontro tra un destino già segnato (il fatto di averli in casa e nelle “orecchie” da anni), la casualità (la richiesta del mio amico, di fatto la miccia) e il momento storico (la maturità raggiunta per apprezzarli).
Rimasi folgorato dalle atmosfere di Wind, disco che infatti ancora oggi apprezzo molto più rispetto all’appassionato medio e che metto alla stregua di altri classici della cosiddetta epoca d’oro che godono di maggiore considerazione. Mi accorsi che su quella cassetta oltre a
Robbing Hood c’era ben altro. Con la storia di Cynthia capitolai definitivamente.
Io, che pochi anni prima mi chiedevo come ci si potesse interessare alla musica, in poche settimane, chiedendo anticipi sulle paghette ai miei genitori, acquistai nell’ordine: Foxtrot e (a tal proposito mi ero informato e sapevo che la discografia del gruppo era divisa in parte nobile – Gabriel – e parte meno nobile – Collins. Io peraltro non avevo ancora una opinione in merito). Poi fu il momento di Duke e A trick of the Tail che acquistai insieme.
Spaccai volutamente la cassetta di Selling (si l’ho fatto….
) per avere la scusa di ricomprarlo in vinile, poi vennero And then there… e The Lamb che, devo ammettere, cominciai ad apprezzare appieno solo anni dopo. Presi Second’s out e con Abacab e Genesis, comprati assieme, rimasi sinceramente frastornato. Compresi il come e il perché della spaccatura tra i fans della band.
Finiti i dischi cominciai con pubblicazioni editoriali e libri. Ero entrato ufficialmente nel tunnel. Una passione così bruciante per modi e tempi non l’avrei mai più vissuta.
Konrad Lorenz lo chiamava imprinting e lo studiava sulle oche. Che nel prog hanno una certa rilevanza.
Certo è che se oggi mi chiedessero di portarmi 5 dischi diversi su un’ isola deserta quattro di questi sarebbero: Genesis/Selling, Pink Floyd/Dark side, Battisti/Il mio canto libero, Neil Young/Harvest.
Che, guarda caso, emetteva quel mangianastri 40 anni fa in quella 500 stipata di corpi, valigie e note.
Praticamente un carillon…