by Sanvean » 28 Oct 2013, 22:27
Per quanto abbia scritto la storia del rock Lou Reed è stato altro che un musicista, e considerarlo soltanto da quel punto di vista significa non conoscerlo, non conoscere la sua influenza, non considerare quanto abbia significato culturalmente nel contesto della musica rock, dagli esordi sino alla sua rilettura di E.A. Poe, una decina di anni fa.
Per chi non lo conoscesse e volesse colmare una sua 'lacuna' consiglio l'ascolto (testi inclusi obbligatoriamente...) di Berlin, del 1973, a mio avviso il suo capolavoro e non solo.
Album 'epocale', registrato in condizioni a dir poco...difficili e estremamente rappresentativo dello sguardo scarno, lucido ed estremamente realistico che spesso Lou Reed ci ha offerto in più di 40 anni di carriera.
Magistrale la versione live di Berlin fatta dal vivo nel 2006 presso la St. Anns Warehouse...da brividi, tra i suoi migliori dischi live, e c'è da scegliere.
Rock 'n' Roll Animal, forse il suo live più famoso, lo identifica perfettamente, un animale da palcoscenico, dalla personalità fortissima, sempre estremamente diretto, a volte crudo e dissacrante, ferocemente autoironico e spesso alle prese con i problemi legati alla 'diversità'.
Ebreo e bisessuale senza sentirne troppo...'il peso', ha raccontato la 'sua' New York (l'omonimo album del 1989 è per alcuni la sua opera migliore, non per me...) per 40 anni e l'ha fatto 'da dentro', a partire dalla strada, dai locali, dalle frequentazioni, le (dis)avventure fisiologiche in cui incorre chi brucia se stesso più che on the road....in the street e sputa in faccia ai benpensanti e alla stessa borghesia da dove lui proveniva la rabbia del disadattamento sociale, la privazione della libertà di chi vive in una grande metropoli, l'emarginazione in cui portano avanti a denti stretti la loro esistenza i 'diversi', gli antisociali, i gay, i tossici ('Heroin'...), i 'falliti', i transessuali, le puttane, un sottobosco umano di perdizione e di criticità spesso assolute, un vortice di reale dannazione in cui trovare una via d'uscita a volte sembra davvero impossibile, una galleria di personaggi 'maledetti' in cui talvolta però è riscontrabile un tasso di 'umanità' che in altri 'compartimenti sociali' è quasi del tutto assente...lui raccontava tutto questo, perché in questo viveva, e non per sentito dire.
Insomma ben altro background che non quello della bambagia affettiva e culturale dei 'nostri' della Charterhouse...
Cose di carne e sangue, di eroina ed alienazione, più che pathos, classicismi greci e musica 'colta'.
Grazie anche alla sua amicizia con Bowie e quindi al suo aiuto (un altro che sulla dissolutezza poteva dir bene la sua, il Duca Bianco...) Lou Reed riuscì a tirarsi fuori da una serie di situazioni che lo stavamo letteralmente consumando e a riproporsi, rigenerarsi e a continuare il suo racconto in prosa, poesia e musica, quella descrizione fotografica così...oggettiva della sua metropoli amata-odiata, vista e vissuta più con l'occhio dell'artista maledetto, che non con quello dell'intellettuale colto stile...Woody Allen.
Con Lou Reed scompare un cronista speciale, un testimone attivo della New York warholiana, della Factory, dell'Exploding Plastic Inevitable, di tutta una realtà suburbana che rivendica il proprio diritto all'esistenza tramite l'arte, dell'esposizione sempre in prima linea e della difficoltà di scendere a compromessi, anche musicalmente parlando.
Con Lou Reed viene a mancare il 'poeta metropolitano' del suo tempo per eccellenza, e gente come Patti Smith, John Cale, David Bowie e tantissimi altri artisti non potranno non riconoscere chi come amico fraterno, altri come modello e fonte di ispirazione, e comunque come figura artistica di importanza capitale per il quasi mezzo secolo di permanenza a vari livelli nel circo del rock 'n' roll e in tutto l'indotto socio-culturale, che questo spettacolo sovvenziona.
Chiaramente chi non conosce Lou Reed ma ne ha solamente sentito parlare non sa cosa dire, a riguardo.
Per chi come me lo ha invece conosciuto, visto in concerto più di una volta, apprezzato in ogni suo 'passaggio', divorata almeno una decina di suoi LP sin dall'adolescenza, letto ogni suo scritto ed amato...è una perdita importante, se n'è andata una persona a volte caustica ma sensibilissima, un'anima maledetta dal carattere spigoloso ma che conosceva davvero bene la 'bestia umana' di cui ci ha cantato per molti anni, con quella sua voce inconfondibile, quel suo modo di cantare che sembrava farti il piacere, indolente e strascicato...unico, irripetibile.
Mi piace ricordare le parole di commiato di Pete Townshend...Fatti un giro per la zona tranquilla....
Già.
Ciao Lou e grazie davvero, mancherai...