Intervista a Franco Mussida

Un'area dedicata all'esplorazione dell'universo musicale in genere, e degli altri protagonisti del rock progressivo in particolare.

Intervista a Franco Mussida

Postby Duke59 » 02 Jul 2020, 20:04

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Re: Intervista a Franco Mussida

Postby rkive » 03 Jul 2020, 14:29

Prendo l'occasione di questo articolo perche leggendo un estratto del libro di Franco Mussida Il Pianeta della Musica", ho trovato questa frase molto interessante:
https://www.amazon.it/pianeta-della-Mus ... ext&sr=1-2

"Nonostante lo si sappia benissimo, l'oggetto primario della (Musica) sua comunicazione, il suo vero scopo, è la 'sensazione emotiva' che genera nell'ascoltatore. Eppure , nelle scuole e nei conservatori di tutto il mondo l'argomento pere non interessare."

Ora per ricevere una "sensazione emotiva", non basta che l'ascoltatore abbia "ascoltato" ma che lo abbia anche "sentito".

La differenza è che "chi ascolta metterà più attenzione anche all'intenzione, all'emozione che viene trasmessa...".

Quindi se ho capito il concetto, ogni volta che ascoltiamo la musica, specialmente se il brano è lungo e non facile, dobbiamo avere la pazienza di "sentirlo".

Ok, è la scoperta dell'acqua calda, ma però c'è una spiegazione diciamo "filosofica". [:)]
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Re: Intervista a Franco Mussida

Postby highinfidelity » 04 Jul 2020, 17:39

Non avrei autorità per disquisire sui conservatori in quanto, anche se magari avrei voluto, nella mia famiglia "studi" di quel tipo non erano nemmeno da prendere in considerazione. Anzi una mia critica potrebbe sembrar dettata dall'invidia (e in parte ciò è vero) verso chi ha potuto permettersi d'avere una preparazione musicale accademica. Mi limiterò quindi a citare un mio cugino di secondo grado, diplomato in pianoforte e poi nuovamente diplomato in composizione, il quale non faceva che ripetermi che <<era sufficiente menzionare il nome, "conservatorio", per capire che in quel posto qualunque novità, qualsiasi cosa uscisse dal seminato, qualunque minima deviazione da tradizioni prestabilite non si sa bene quando e da chi, non era visto per nulla di buon occhio>>. Per inciso, il giovane riuscì a partecipare ad un'edizione di Sanremo con un suo complesso New Wave, sotto falso nome in quanto il conservatorio, per ragioni imperscrutabili e ignote forse anche al direttore stesso, vietava rigorosamente ai suoi studenti di apparire in pubblico. Eh, son soddisfazioni per un ragazzo, vero?

Ricorderei in questa sede anche l'intervista a Tony Pagliuca, che abbiamo appena letto su un thread parallelo, il quale ormai celebre in tutto il mondo e al picco della sua maturità artistica, desiderò completare accademicamente la sua formazione, e si vide proporre di ripartire da zero con le classi di solfeggio assieme ai bambini.

Anche oggi infatti, dovessi vincere la lotteria e non aver più necessità di lavorare vita natural durante, ovviamente ne approfitterei per studiare musica come si deve, ma ben difficilmente mi rivolgerei al conservatorio: piuttosto ad una seria scuola privata di jazz.
<< Conoscete voi spettacolo più ridicolo di venti uomini che s'accaniscono a raddoppiare il miagolìo di un violino? >>
(Luigi Russolo, Intonarumorista. 1913.)
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