Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progressive?

Un'area dedicata all'esplorazione dell'universo musicale in genere, e degli altri protagonisti del rock progressivo in particolare.

Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progressive?

Postby highinfidelity » 07 Jul 2023, 09:15

Volevo trattare questo argomento resuscitando qualche vecchio thread, ma ne abbiamo discusso talmente tante volte (spesso in clamorosi off topic) che non sono riuscito a trovarne uno palesemente più significativo degli altri.

Il sempre ottimo Fabio Zuffanti ci ricorda che FUGIT IRREPARABILE TEMPUS e che anche A Passion Play, per me album tardivissimo e quindi in un certo senso "recente" dei Jethro, compie ahimé già 50 anni! È l'occasione per Zuffanti per reinterrogarsi sulla tanto VEXATA QUÆSTIO: furono i Jethro Tull progressivi, o non furono?

Le sue conclusioni sono due: i Jethro Tull furono tra le colonne del rock progressivo, e A Passion Play è un capolavoro. Sul primo punto concordo pienamente, sul secondo (com'è già da tempo noto) non molto [:D] ma comunque diciamo che celebrerò questo importante anniversario ridando un'ascoltata a questo pretenziosissimo atque noiosissimo et eziandio pesantissimo disco! [:D]

Buona lettura!

https://www.lastampa.it/spettacoli/2023 ... H-P6-S2-T1

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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby aorlansky60 » 07 Jul 2023, 14:18

A PASSION PLAY... [:-|]

appena sento nominare questo titolo mi vengono i brividi (e non sono di quelli 'buoni')...

per me, è da 50anni (49 per l'esattezza da quando lo conobbi [':-|] ) che costituisce un mistero (o un rebus irrisolto)... [:-j]

il mistero è "come è riuscito un siffatto album a raggiungere la pos. num.1 assoluta di Billboard fin dalla sua pubblicazione" al di là che si tratti o meno di "progressive rock" (che è il problema minore)... [:-I]

il rebus è "come si fà ad elevare a rango di 'capolavoro' un album contenente musica simile"... [:-|]

Questo è un disco che non ho mai compreso. Ormai ci ho rinunciato, dopo qualche chances che gli ho dato
riascoltandolo periodicamente (cosa che invece mi è riuscita per altri albums che ritenevo ostici)
ma con questo assolutamente niente da fare. [:|]

Almeno per cercare di sciogliere il perenne dubbio "prog" o "non prog" io sui Jethro Tull ho maturato da tempo una mia personalissima teoria:

è indubbio che come rock band agli esordi sono tutto fuorchè "progressive", i primi due albums lo dimostrano pienamente: una indovinata, originale miscela di Folk-Rock-Blues perfino con richiami 'classici' (la celebre "Bourrè" contenuta in "Stand Up"); poi però dal terzo album "Benefit" secondo me inizia la metamorfosi che li porterà al progressive rock (a tutti gli effetti) di "Thick as a Brick", con l'inserimento in pianta stabile di un TASTIERISTA nella band voluto da Anderson (invece, i primi 2 albums vedono all'opera una formazione dalla classica formula a tre 'basso-chitarra-batteria' + l'inserimento di Anderson alle prese con la chitarra acustica e/o con il flauto). "Benefit" grazie alle tastiere è certamente più complesso musicalmente e negli arrangiamenti, rispetto ai più 'scarni' primi due albums; il successivo "AQUALUNG" prosegue nella direzione musicale intrapresa col precedente album, e culminerà appunto nel progressive rock compiuto di "Thick as a Brick" (che a fatica si può NON definire 'progressive'...)
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby highinfidelity » 07 Jul 2023, 14:32

...ecco, infatti a tal proposito l'unica cosa che mi sembra un po' appuntabile nell'articolo di Zuffanti è il passo in cui dice che il disco "riesce [...] a dividere i fan e a non trovare grandi riscontri critici". Onestamente a me è sempre parso vero proprio il contrario: critiche esageratamente positive per un disco che a mio parere offre ben poco di fruibile.

Ho dovuto aspettare fino alla ben nota opera "Progressive & Underground" di Cesare Rizzi per vederlo finalmente severamente ridimensionato; ma di converso occorre dire che Rizzi "ridimensiona" tutti i dischi dei Jethro Tull (alcuni dei quali secondo me sono capolavori assoluti), e inoltre è uno dei tanti che si ostina a ripetere che i Jethro Tull non sono progressivi. Ma almeno su questo futile argomento spero che Zuffanti abbia posto la pietra tombale. [O:-)]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby aorlansky60 » 07 Jul 2023, 14:42

"critiche esageratamente positive per un disco che a mio parere offre ben poco di fruibile."

errr... NO. [:-I]
All'inizio non fu esattamente così... nel corso del tempo, 'forse' (è stato rivalutato, ma non lo so con esattezza se è vero, perchè non ci ho perso tempo a verificarlo)...

Ti posso assicurare, caro Marco, che appena pubblicato, nonostante gli ottimi riscontri di vendite -soprattutto in USA- questo disco (giudicato con orgoglio il capolavoro dei Jethro Tull da parte di Ian Anderson) si attirò le invettive di tutta la critica inglese, inclusa la stampa specializzata locale, cosa che fece infuriare a tal punto il leader della band da portarlo polemicamente ad iniziare un silenzio stampa (dando così il via ad una 'moda' che sarebbe stata seguita da altri nel futuro) che durò fino alla pubblicazione dell'album successivo della band ("War Child" ndr)...

"la ben nota opera "Progressive & Underground" di Cesare Rizzi"
[:D] ecco un altro osservatore che si è fatto venire il tormento personale con quel famoso 'dubbio'
(si prog/no prog) [:-D] riferito ai JETHRO, al di là di aver compilato un opera degna di nota come quella ricordata.
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby highinfidelity » 07 Jul 2023, 15:07

Ah OK OK... Io ho qualche anno di meno per cui in effetti forse ne ho sentito parlare per le prime volte quando si era già in epoca di "rivalutazione". Non avevo presenti queste stroncature inglesi del primo momento.

Resta il mistero di come sia potuto piacere agli americani un disco così pesante, con un successo di vendite a parer mio assolutamente inspiegabile: proprio loro che già il progressive "leggero" lo digeriscono pochissimo! [:-I]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby aorlansky60 » 07 Jul 2023, 18:52

"Resta il mistero di come sia potuto piacere agli americani un disco così pesante, con un successo di vendite a parer mio assolutamente inspiegabile: proprio loro che già il progressive "leggero" lo digeriscono pochissimo! "

Infatti rimane proprio un mistero! Forse si spiega col fatto che "non è progressive" ?... [:-I]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby maomac 2 » 07 Jul 2023, 19:47

Disco che non sono mai riuscito a riascoltare dopo le prime volte che lo avevo preso, ogni tanto lo guardo voglio dargli fiducia ma poi lo rimetto nello scaffale, penso che sarò così anche oggi.
Aspetterò il sessantesimo [:-D] [:-D] [:-D]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby aorlansky60 » 08 Jul 2023, 09:07

dopo la lettura dell'articolo di Fabio Zuffanti, noto che anch'egli è in linea con quanto ho elaborato da molto tempo a proposito dei Jethro Tull (il momento 'chiave' è appunto l'inserimento delle TASTIERE in 'pianta stabile' nella band a partire dal 1970 con l'album "Benefit"); anche Zuffanti non può non riconoscere il titolo di "progressive rock" da attribuire ad un album quale "Thick as a Brick"... [/:-|]

l'unico punto in cui non concordo con il suo (ottimo peraltro) articolo, è la conclusione :

"A Passion Play non è affatto una passeggiata, bensì un'opera impegnativa che richiede pazienza, concreta partecipazione intellettuale e più ascolti per essere compresa a fondo. A fronte di un po' di fatica l'impegno verrà però ripagato da un qualcosa che difficilmente si leverà dalla mente.
Solitamente col prog succede così.
"

[:-I] [:-j] [:-|] ...sarà anche 'così' che succede, ma io ricordo un ragazzino di 14anni, tanto tempo fa, con pochissima esperienza di ascolti, che ci mise 20 minuti (il tempo necessario per l'ascolto della side A del disco, la prima volta) per apprezzare da subito tanto da non togliersi più dalla memoria un album quale "NURSERY CRYME" (ma potrei citare anche "CLOSE TO THE EDGE" oppure anche "RED" e diversi altri titoli dichiaratamente 'progressive'), mentre conosco un attempato 60enne (con un esperienza musicale accresciuta notevolmente in fatto di ascolti nel tempo, dei più disparati generi) che anche dopo ripetuti ascolti, non vede l'ora che finisca A PASSION PLAY messo [molto] incautamente sul giradischi, per riporlo al più presto nello scaffale, dove non stà affatto male... [:D]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby highinfidelity » 08 Jul 2023, 22:13

Beh, io invece approfitto veramente del 50° per effettuare un riascolto, anche perché le occasioni per riascoltare questo disco difficilmente si presentano da sole in modo spontaneo... [:D]

Partiamo male: il disco si apre con “rumori vari”, un’idea difficilmente definibile come originale. Segue una parte che si sforza di essere estremamente progressiva ma sembra al massimo “circense”, con un intrecciarsi di temi piuttosto forzati e avari di leggerezza. Il tutto dura un paio di minuti, e già siamo alla prima di una lunga serie di noiose parti semi-recitate. Subentra quindi una breve punteggiatura di organo Hammond a cui presto si sostituisce un pieno orchestrale con assolo di sassofono, anche in questo caso completamente sterilizzata dal temibile bacillo della leggerezza. Pochi istanti e siamo di nuovo ad un pesantissimo recitato. Brevissimo stacco che sembra portare a qualcosa di interessante ma non riesce assolutamente a decollare, e ci ritroviamo subito sui consueti arpeggini di chitarra.

Siamo all’aria “All along the icy wastes” che inizialmente illude, ma si perde subito su ritmetti involuti e inconcludenti, intrecciati di assoli con timbri francamente a tratti molto brutti. Parte un assolo di flauto, retto da una batteria impastata per nulla trascinante. Ancora grandissima pesantezza e passaggi armonici francamente orribili negli incisi che conducono a “Lover of the black and white”. Il lato si chiude con un’eterea aria bucolica che avrebbe meritato un approfondimento, e invece viene interrotta dall’agghiacciante recita “The Hare who lost his spectacles”, con tanto di pedantissima pronuncia “ecclesiastica”.

Il lato B si apre con il terrificante prosieguo del recitato teatrale, una sezione di tal micidiale pesantezza da far apparire come degli allegri ballabili le sezioni “musical” di Pink Floyd The Wall. Il senso suo m’è duro. Io veramente non so darmi ragione di cosa possa aver portato a pensare che una pizza simile potesse veramente finire in un disco.
Riaffiora il tema bucolico, ma in breve si torna ad un recitato, reso poi un poco più interessante da rapide incursioni di qualche strumento (organo hammond prima, chitarra acustica poi). Su un inciso piuttosto sanguigno parte un tutt’altro che disdicevole assolo di sassofono, siamo forse alla parte migliore di tutto il disco. Segue una sezione contraddistinta da una certa sperimentazione con i sintetizzatori, sufficientemente interessante anche se basata su arie non proprio memorabili e caratterizzata da qualche passaggio inarmonico (modo gentile per dire cacofonico). Dopo una pesante sezione che riprende il tema generale dell’album, subentra una parte per chitarre con alcune sfumature stile “vecchio west” piuttosto fuori luogo. E con l’n+1esimo recitato nonché con ancora un po’ d’inarmonie (chiamiamole così...) l’album finalmente termina. In calando, occorre dirlo.

Bene. Anzi, male. Mentre colloco sul giradischi Aqualung per rifarmi le orecchie [:D] cerco di trarre qualche conclusione. Questo riascolto è servito se non altro ad una cosa: a convincermi che effettivamente abbia ragione Rizzi: siccome erano stati cooptati a forza nella brigata dei complessi progressivi, i Jethro Tull si erano messi in testa di incidere un disco eminentemente e palesemente progressivo. E in effetti nulla da dire: questo lavoro contiene tutti gli stilemi tipici del progressive. Peccato però che, ovviamente, non basta una sequenza di standard classici per fare un buon disco; e difatti nel complesso l’opera appare involuta, artificiosa, arzigogolata, pretenziosa, sempre opaca, ripetitiva, per lunghissimi tratti noiosa. Il vero difetto è che non c’è in tutto il disco un’aria veramente brillante, un riff veramente memorabile, un ritmo veramente trascinante. Onestamente il disco non è letteralmente inascoltabile come me lo ricordavo, è solo molto brutto e molto noioso. Il confronto diretto con Aqualung che scorre in sottofondo mentre scrivo, rende l’accostamento veramente impietoso. Comunque, siccome la copertina di A Passion Play (almeno quella) è molto bella, ecco che anch’io come Maomac ed Alain mi accingo a riporlo abbastanza in vista nella mia nutrita discoteca. [:D] Solo Calipso, diva canora dai riccioli belli, solo Atena, diva possente dagli occhi cilestri, sa se nel mio destino è scritto ch’io 'l possa udire ancora.
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby aorlansky60 » 09 Jul 2023, 06:13

[:D] [:-D] [;)]

forse che, per riuscire ad apprezzare (meglio?) l'opera in oggetto, la conoscenza della lingua inglese non guasterebbe, considerati i fitti monologhi 'parlati' che spesso la caratterizzano ?... [:-I] ...questo spiegherebbe (forse) il consenso che l'album ottenne in USA alla sua pubblicazione, concetto però smontato dalla feroce stroncatura che incontrò in madre patria nello stesso tempo... [:-I] al che, alla fine, quest'album (almeno per me) continuerà ad essere [per sempre credo] quella sorta di 'rebus' irrisolto come lo è da 50anni... [:-|] infatti ci ho messo la classica 'pietra sopra' ed ho rinunciato a comprenderlo, a dispetto di quanto consigliato da Zuffanti... [:-j]
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Re: Jetrho Tull A Passion Play 50 anni: fu o non fu progress

Postby rkive » 09 Jul 2023, 07:23

Solo per giocare, c'è chi lo mette al 2. posto (saltare a 1h e 07min). [:)]

https://m.youtube.com/watch?v=SIobVeHQ7Go
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