Seguendo il consiglio di High, ho ripescato dal vecchio forum una mia recensione dell'ultimo album di Banks. Eccola qui:
Pubblicato per la prestigiosa etichetta Naxos, il lavoro di Banks s'inserisce a pieno diritto nel solco della musica classica contemporanea. E fin da subito occorre fare qualche precisazione.
Certamente, parlando di musica classica, non dobbiamo aspettarci da parte dell'eccelso compositore inglese la dimestichezza con il linguaggio atonale, proprio di Berio o di Castiglioni, ma neanche le digressioni orchestrali che accompagnano i film tipiche di un Ennio Morricone o di un Hans Zimmer.
La sua opera descrive in maniera impressionistica paesaggi e luoghi della realtà, dunque tutta la tessitura sonora si carica di una forte valenza immaginativa, che non tarda ad affacciarsi all'ascolto. Sebbene il disco, a tratti, dia la sensazione di fungere da colonna sonora di ipotetiche immagini, ciò può essere spiegato con quanto appena detto ed è proprio degli intenti di Banks. Per cui, non traggano in inganno i primi due minuti di Spring Tide, che sembrano proiettarci in una storia di Harry Potter: Seven si sviluppa secondo una coerenza e un'eleganza formale a cui Banks ci ha abituato fin dai tempi dei Genesis.
La musica è carica di potenza dirompente ma anche di dolcezza espressiva, che vengono sapientemente dispensate per tutta l'ora di ascolto. Notevoli The Ram - forse il pezzo dove più ritornano gli accenti rachmaninoviani -, Neap Tide - un capolavoro di semplicità e di efficacia formale - e The spirit of gravity. Laddove si vede maggiormente la mano di Banks è negli efficaci contrappunti a risposta dei fiati e dei violini di The Ram e nella geniale composizione di melodie sobrie ma solenni. Come sempre ha fatto nei trent'anni di carriera con i Genesis Banks, non cerca il virtuosismo in modo afunzionale rispetto al contesto, ma mostra il suo talento (ben coadiuvato da un orchestratore professionista) nell'ordinato incedere delle parti.
Considerata per quello che è - un poema sinfonico assimilabile ai movimenti della Moldava di Bedrich Smetana - Seven merita una collocazione di tutto rispetto, in un tempo in cui il mercato discografico della classica piange miseria come non mai e la musica atonale, a cent'anni dalla sua nascita, resta ancora un insieme di fonemi per pochi iniziati.