Steve Hackett - Wild Orchids

Date sfogo alla vostra arte letteraria commentando gli album piu' interessanti che avete ascoltato di recente.

Steve Hackett - Wild Orchids

Postby wondering clouds » 19 Oct 2008, 14:57

“Wild Orchids” è l’ultima fatica rock di Steve Hackett che propone alcune novità.
Facciamo riferimento all’edizione speciale che contiene 4 brani più di quella ordinaria.

Il disco si apre con “ Transylvanian Express “ un’esordio travolgente. L’uso dell’orchestra, degli stacchi hard progressive gotici e brevi squarci sinfonici si succedono uno dietro l’altro in una magica e drammatica alchimia. Suoni distorti e melodici con rumori sono amalgamati in 3 minuti e mezzo di musica che ci lascia senza fiato. Forse questa è la promettente nuova strada del nostro artista per i prossimi album

“Waters on the Wild” prosegue questa atmosfera out e scandisce, con un riff ripetitivo suonato con un sitar elettrico, e sostenuto da un ritmo tribal – techno, delle divagazioni orientali affascinanti.

“Set Your Compass” è una ballata dolcissima, sognante che ci fa fare un salto nell’infanzia e ci restituisce il compositore che conosciamo con i suoi cori, le arpe, gli arpeggi indovinati. Una sorta di ninna nanna celtica. Una chicca..

“Down Street”,è un brano ritmato dal sapore orientale con voce recitante, ripetitivo, che involve e dilunga in un hard rock con squarci teatrali operistici e termina in un melange di situazioni sonore vicine a “Please don’t touch” .

“A Girl Called Linda” intermezzo easy - jazz con voce filtrata, fa da introduzione alla successiva

“Blue Child” pezzo composto interamente da una lunga melodia per chitarra distorta, accompagnata da un ritmo deciso: un discorso “strong” interessante, intrigante ma senza tocchi di genialità.

“To a Close”: un’ altro esercizio stilistico impeccabile dell’ ormai consolidato stile hackettiano, una dolce composizione infarcita da cori barocchi nello sfondo, insieme ai flauti le tastiere e le chitarre.

“Ego and Id” è un hard rock con una voce usata in modo poco convincente. Voce che indebolise l’impatto di un brano comunque impreziosito da ottimi lavori alla chitarra solista con uso di tapping, distorsione , wah wah. Dal sapore vagamente pinkfloydiano.

Un’atmosfera blues acustica ci introduce in “Man in The Long Black Coat”, una canzone elettrica di Bob Dylan intimista e crepuscolare, ci ricorda le ultime produzioni dei Dire Straits, con tanto di voce stile knopfleriano. Brano raffinato, ma fuori contesto.

“Cedars Of Lebanon” altro episodio di spicco, come Transylvanian, in cui il chitarrista sposa ancora l’orchestra con ritmi tribali e chitarra classica. Un esperimento che ci stupisce al primo ascolto per l’effetto che stupisce per il suo clima inedito.

“Wolfwork” è invece un esperimento stilistico che cerca di tenere insieme più anime: il rock orchestrale alanparsoniano e beatlesiano con momenti impressionistici cari al nostro chitarrista compositore. Da ascoltare

Un breve stacco radiofonico parodistico anni ’30 “ Why” ci apre le strade a “She moves in the Memories”. Lavoro strumentale orchestrale leggiadro e neo romantico con flauto, arpe e orchestra. Una melodia dolce e semplice caratteristica del nostro autore.

“A Darknight in Toytown”: dal tono sinfonico sintetico prodotto dalle tastiere è incalzante e drammatico, cantato, ci riporta alle atmosfere dell’inizio del disco

Mentre un altro notevole richiamo pinkfloydiano viene suggerito da “The Fundamentals of Brainwashing” , le cui progressioni armoniche la dicono lunga su certe radici che accomunano le ispirazioni del genere rock sinfonico, psichedelico e quant’altro di simile.

E questa volta è veramente l’ultimo brano: “Howl”, dove un breve intro da incubo ci spalanca subito in una chiusura dall’incedere drammatico e inesorabile, condito da incisi elettrici e acustici di pianoforte. Che di ricorda le ispirazioni epiche di “Shadows of an Hierophant” del suo primo disco.

“Until The Last Butterfly” è una breve composixzione per chitarra classica, epigono felice del lavoro

Qui termina l’album“Wild Orchids” nella sua special editino.
Con questo lavoro Steve Hackett cerca nuove ispirazioni stilistiche, sposandole al suo stile più consolidato. Il risultato è ibrido. Non convince del tutto perché i territori in cui si avventura non sono sempre originali e si richiamano (forse inconsapevolmente) ad alrte notevoli fonti d’ispirazione, che non fanno spiccare il volo a questa nuova fatica discografica. Il disco resta a indiscutibili livelli qualitativi, ele intuizioni geniali di alcuni brani ci lasciano intravedere le possibilità di un nuovo capolavoro. L’impiego dell’orchestra è sicuramente un esperimento da approfondire. Ciò che manca è il salto verso nuovi orizzonti e il dono di una nuova sintesi stilistica difficile da compiersi, ma che ci auguriamo auspicabile: per traghettare la tradizione del “mito progressive” lungo il terzo millennio dell’epopea del rock.

beh. Questa recensione l'ho spedita a wikipedia, mi hanno detto che è troopo giornalistica e che sembra copiata. poi mi sono andato a guardare la recensione che hanno fatto su Voyage of an Alcolyte e gli ho pur detto che fare una recensione così asettica per quel disco significa perderlo nella marea delle mediocrità.

E' inutile. son troppo schierato.[V]
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Steve Hackett - Wild Orchids

Postby Lidia » 19 Oct 2008, 23:42

ti quoto in pieno[:p][:p][:p][:p][:p][:p][:p][:p][:p]!!!!!!!!!!!!
....I call you for I must leave
You're on your own until the end
There was a choice but now is gone
I'll said you wouldn't undesrstand
Take what's yours and be damned........
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Steve Hackett - Wild Orchids

Postby Thomas Eiselberg » 20 Oct 2008, 07:22

Bella recensione, a parte quel "non convince del tutto" che non mi convince[:D]: per me Wild Orchids è uno dei migliori lavori del nostro, forse il migliore dai tempi di Guitar Noir.

Per quanto riguarda wikipedia lascia stare, hanno dei criteri assurdi per pubblicare le cose e il giorno dopo ti ritrovi la tua recensione tagliuzzata e modificata senza motivo[X-P]
Essi vivono noi dormiamo. Obbedisci, compra, non pensare, il denaro è il tuo dio.

E' buona cosa leggere sempre leFAQ
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Steve Hackett - Wild Orchids

Postby wondering clouds » 23 Oct 2008, 15:18

quote:
Originally posted by Thomas Eiselberg

Bella recensione, a parte quel "non convince del tutto" che non mi convince[:D]: per me Wild Orchids è uno dei migliori lavori del nostro, forse il migliore dai tempi di Guitar Noir.

Per quanto riguarda wikipedia lascia stare, hanno dei criteri assurdi per pubblicare le cose e il giorno dopo ti ritrovi la tua recensione tagliuzzata e modificata senza motivo[X-P]



sai ho una convinzione. prima si decide come e quanto ci piace qualcosa, poi scriviamo per giustificare l'orientamento della nostra scelta estetica. Una recensione non sfugge a questo filtro, secondo me. per cui ognuno si sceglie il critico che più si avvicina ai suoi gusti.
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Steve Hackett - Wild Orchids

Postby graziano » 24 Oct 2008, 12:18

preferisco to watch the storm........ meno originale... ma anche meno noioso....
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