ma la Fiat ad esempio...

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Postby wondering clouds » 23 Jul 2010, 06:27

io mi domando e dico - da grosso ingenuo qual sono -.
Ma se la mentalità imprenditoriale continua a proporre di impiantarsi all'estero nei paesi dove la manovalanza non costa niente o meno di niente, piuttosto di riconoscere il diritto alla malattia agli operai (altrimenti li licenzia...) calcolando che in terronia, non solo ma soprattutto, è abbondantemente abusato...

lasciamo stare l'etica - visto che è mera retorica politica, il più delle volte -

ma a chi pensano di vendere ste auto, che mi pare non siano di lusso... ai bulgari, ai croati ?
Lasciano a casa a far la fame i loro futuri acquirenti ?

Sono io che non capisco o è la miopia del facile guadagno del miliardario, senza rotture di scatole del suo "schiavo mormoratore"?

Producono e sanno già a chi vendere ( giochi già fatti, soldi già intascati) oppure accatastano lì tutto l'invenduto - e che si fottano, in genere è il discorso subito seguente- ?

Qualcuno sa dove andrebbero a finire tutte ste finte made in italy ?[:-I]

qualcuno mi faccia la grazia di darmi qualche spiegazione pure di real affarik[:|]
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Postby aorlansky60 » 23 Jul 2010, 08:33

Restringendo la problematica al settore dell'auto, la recente crisi economica globale ha accentuato il concetto di "riduzione dei costi - A TUTTI I COSTI" per le aziende, per riuscire ad essere competitivi verso la concorrenza, e questo lo si può attuare principalmente con la "manodopera", settore dove è maggiormente possibile "limare" sui costi che vanno ad incidere sul prezzo del prodotto finale... manodopera che in Polonia, per es. costa MOLTO MENO che in Italia per non parlare della Germania...

Se si avvera quello che ha predetto "l'uomo col maglione", circa il fatto che in un futuro nemmeno troppo lontano potrebbero sparire la maggior parte degli attuali brands automobilistici, a favore di un massimo di 5 o 6 marchi che se li saranno inglobati tutti nel frattempo, è facile capire il nocciolo del problema...

...che stà proprio nello sbilanciamento della manodopera come valore riconosciuto nei paesi più evoluti economicamente -come il ns- grazie a decenni di rivendicazioni sindacali e lotte sul lavoro, rispetto a paesi che non hanno incontrato storicamente questi riconoscimenti sociali, quali possono essere Polonia, Serbia, e tutto l'Est Europeo, che in un momento particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo da due anni sono in grado di presentarsi in termini assai più competitivi rispetto al ns...

Per non parlare del paese che di suo ha presentato un vero e proprio modello di concorrenza sleale sulla manodopera e sull'intero concetto di "lavoro", la CINA.
Dove ormai quasi tutto è costruito, per ovvia convenienza economica, anche parti singole per auto, senza considerare tutta l'elettronica di consumo che ormai è costruita ed assemblata "da quelle parti"...

In tempi come quelli attuali, dove i numeri ed i bilanci contano più di prima, soprattutto per un azienda come la fiat sensibilmente indebitata verso istituti bancari che le consentono di "stare a galla", un a.d. quale Marchionne deve lanciare segnali chiari verso quest'ultime nel convincerle di potere attuare tutto quanto è nelle sue possibilità per riuscire a "tagliare i costi", affinchè non chiudano i finanziamenti e la lascino sprofondare.

Ecco perchè il problema "sociale" stà lentamente passando in secondo piano a favore della legge dei numeri, questo pur con tutta la pericolosità celata da un problema come quello sociale nel caso questo venga inasprito fino ad esplodere...

Peraltro, il problema di "vendere" tutto quanto costruito è l'altra faccia della medaglia, se guardo ai numeri che dicono che, nel primo semestre 2010, finiti gli incentivi del 2009, le vendite auto hanno subito un tracollo del 20% in meno rispetto allo stesso periodo 2009 in ambito Europeo...

Insomma, per tutte le industrie automobilistiche -settore che rappresenta quello che più contribuisce insieme a quello immobiliare alla ricchezza di un paese- a livello mondiale, sono tempi durissimi, e come al solito, a farne maggiormente le spese e pagare il conto più salato temo saranno le parti socialmente più deboli.
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Postby highinfidelity » 23 Jul 2010, 10:50

Il problema di "a chi vendere il prodotto" non e' certo nuovo, anzi si e' ripresentato ciclicamente ed immancabilmente a partire dalla rivoluzione industriale in qui, poiche' la logica unica del profitto e' di una miopia tale da non rendersi conto che piu' i salari e le condizioni di vita calano, meno ci saranno persone in grado di acquistare i prodotti, i quali pertanto giaceranno invenduti nei magazzini facendone crollare il prezzo. Detta cosi' sembrerebbe una spirale senza fine che si avvita su se stessa.

In pratica non e' cosi', poiche' i grandi industriali godono da sempre dell'appoggio incondizionato della classe politica, della curia sempre pronta a schierarsi dalla parte dei piu' forti e ben difesi, ed insieme hanno creato uno strumento fenomenale per uscire da queste empasse: si chiama "crisi", "congiuntura", "recessione" e almeno una decina di altri nomi inventati, per l'appunto, a partire dalla rivoluzione industriale in qui.

Mentre si imboscano allegramente in Svizzera un po' di capitali e ci si gonfia le tasche con gli aiuti statali, si fa la voce grossa e se ne approfitta per ridurre sul lastrico un po' di operai fastidiosi (tipo quelli che mandavano le email facendo presente che chiudendo la produzione polacca gli operai polacchi sarebbero finiti nella pupu', e i polacchi ormai sono nostri concittadini europei, non gente del terzo mondo di cui per lunga tradizione ce ne si frega altamente) ed erodere i gia' pochi diritti degli altri operai sfigati che restano. Magari quei soldi dello stato li si dirotta in stabilimenti da impiantare prima in Polonia, poi in Brasile, poi nella Ex Yugoslavia ed in futuro ovviamente (e perche' no?) anche in Cina. E poi via che si ricomincia da capo: tanto gli utili si infilano in tasca e le perdite a lungo termine si scaricano sull'intera cittadinanza.

Resta infine un problema di fondo. Non mi ricordo quante auto Marchionne aveva in mente di produrre a Pomigliano a patto che gli operai rinunciassero anche a mangiare e ad andare al cesso, mi pare mezzo milione. Vuole inondare un paese, gia' saturo, con mezzo milione di automobili. Va beh.

Supponiamo, quindi, che io abbia in progetto di inondare il paese con, che so... diciamo mezzo milione di casse piene di merda fino all'orlo, cosi' a pioggia. Come sarei considerato? Sicuramente come un pazzo, se non come un criminale. Lui invece e' considerato un "grande industriale".

Questa e' la logica unica del profitto a tutti i costi. Francamente da bambino credevo che con il "grande traguardo" dell'anno 2000 ci saremmo affrancati da logiche barbare e medioevali come questa, che avremmo avuto piu' consapevolezza, ma vedo invece che si sono rotti tutti i freni e ormai non si discute neanche piu' di qualche modello alternativo di sviluppo, se non forse in qualche sparuto salotto di timidi intellettuali. Non ci si chiede neanche piu' se un prodotto veramente SERVA a qualcosa, lo si produce e basta, a qualunque costo, in qualunque parte del mondo. E se non serve, lo si fa servire ad arte, con incentivi, aiuti dello stato (cioe' tasse sui cittadini indifesi), leggi nuove che obbligano a tirare nel cesso oggetti ancora perfettamente funzionanti.

Continuiamo cosi'. Facciamoci del male.
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Postby wondering clouds » 23 Jul 2010, 13:05

ssssshhhhh
se ci chiediamo troppe cose e nessuno dall'alto vuol darci una risposta sensata, lungimirante e a favore di tutti e non solo di pochi benestanti,diventiamo, comne dicono? ah sì. giustizialisti, oppure,come al solito, comunisti.[:D]
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Postby intermediario » 23 Jul 2010, 13:06

La soluzione al problema "Come possonono i consumatori continuare ad acquistare con redditi sempre più bassi e prezzi sempre più dettati dai monopoli" sta in due parole: indebitamento e pubblicità.
Lo scopo ovvio della pubblicità è quello di fare aumentare a dismisura la propensione al consumo; sembra una cosa ovvia ma ormai, immersi 24 ore su 24 in questo delirio di spot, non ci facciamo neanche più caso.
E i soldi dove li troviamo?
In modo diretto ed indiretto, le classi medio-basse vedono aumentare costantemente il debito privato e pubblico.
Quello privato aumenta per scelta delle famiglie: una volta ci si indebitava solo per acquistare la casa, poi per l'auto, adesso sembra normale fare un mutuo di 40 anni (giuro che un agente immobiliare mi ha detto "Spenda qualcosa di più per la casa, il mutuo finiranno di pagarlo le sue figlie!" ...hanno dovuto intervenire in tre per tenermi fermo) ed indebitarsi per le vacanze.
Tra l'altro i mutui 40ennali fanno sì che la gente continui a comprare case anche quando i prezzi sono eccessivi, aiutando così a mantenerli artificiosamente alti.

Sul versante del debito pubblico, lo Stato sostiene le grandi imprese nei momenti di crisi (inevitabili...in effetti quante auto dobbiamo comprare?), riversando il costo sulla collettività.
Non abbiamo i soldi per pagare tutte le cose che stiamo usando, ma spingiamo sempre più in avanti il momento della resa dei conti...in effetti pagheranno proprio i nostri figli.[X-P]

Qualsiasi piano di sviluppo alternativo (basato sulle energie rinnovabili ad esempio, ma è comunque indispensabile l'attenzione ad una più equa distribuzione dei redditi) richiede una cultura molto più dinamica e meno conservatrice di quella che mostrano oggi politici ed imprenditori (ma anche gli elettori); noto però che la mafia ha già messo le mani sugli impianti eolici, mostrando una grande attenzione per quelli che saranno i prossimi sviluppi dell'economia...c'è rimasto solo da sperare in Cosa nostra![xx(]

Bersani!
Bersaniiiiiii!
BERSANIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!
SVEGLIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA !!!!!!!!!!
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Postby wondering clouds » 23 Jul 2010, 13:13

sembra che il modello americano di vita si voglia proporre, nonostante tutto quello che è successo.
Vivi indebitandoti e non risparmiando. L'idea di pesare sui miei figli per le cose che compro io, mi fa venire la voglia di fare l'asceta.
Non che abbia soluzioni in tasca, ma oltre al capitalismo selvaggio, non esiste anche il capitalismo sotto il controllo statale ?
Ma, considerando mafia che rompe costantemente le balle, profittatori di ogni dove, lo stato sano è un tappabuchi tra interessi più grandi di lui

E io pago! (toto')

la legge dei numeri ? Ma lo stato, le comunità sono fatte da persone, non da numeri. I numeri non mangiano, le persone sì. I numeri non sono vivi, le persone sì. A chi giova sta legge dei numeri ?
Ma alle persone, ben s'intende, ma non te lo dicon mica.
Quali ? Sempre quel manipolo medieval, loggia p (n° al quadrato)
pre e post industrial etcetc

raga' me dispiace, ma io so' io e voi n un siete un ca""o (il marchese del grillo)
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Postby intermediario » 23 Jul 2010, 13:33

Per alleggerire un pò il mio intervento precedente vorrei aggiungere una considerazione.
L'usura e lo strozzinaggio consistono in:
- mettere in difficoltà un imprenditore con mezzi sleali;
- prestargli denaro per superare il momento di difficoltà;
- quando non è più in grado di restituire il debito, rilevare la sua impresa, la casa e tutti i suoi averi laciandolo in mezzo ad una strada.

Non vedo una grande differenza con quello che stanno facendo politici e manager al 90% della popolazione italiana.

...va bè, volevo alleggerire ma non ci sono riuscito...
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Postby intermediario » 24 Jul 2010, 12:25

Una bella lettera di un operaio a Marchionne:

http://www.unita.it/news/economia/10162 ... dere_tutto

Tremonti ha detto che "La dialettica fra le classi sociali è stata superata della storia", che è un pò la stessa tesi sostenuta da Marchionne e prima ancora da Mussolini col suo corporativismo.
Io invece vedo la realtà come la descrive la lettera qui sopra: niente rivoluzioni, niente "controllo proletario sulla produzione", ma almeno condizioni di lavoro e di reddito che abbiano un senso.
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Postby wondering clouds » 24 Jul 2010, 17:39

sembra facile. ma allora perchè non viene fatto ?
Embè, la questione morale, perdirindindina !!!! E' semplicemente la più complicata da risolvere...anche se teoricamente la più semplice.
Parafrasando Ipazia, ricordate, cosa ci accomuna? il simile col simile...quali le cose che dividono, che sono meno di quelle che rendono uniti.
La comune dignità umana.
belle parole. perchè diventino fatti, molti continuano e continueranno a sudare sangue.
L'egoismo è il principale nemico dell'uomo verso il suo simile, altro che trincerarsi dietro teorie economiche astratte e numeriche, per nascondere una responsabilità che di numerico e impersonale non ha niente.
Il fatto che ognuno pensi solo ai suoi interessi porta, se esteso a grandi numeri, alle culture di massa che ben conosciamo. E alla "questione morale".
Che ogni tanto fa capolino, quando si arriva al colmo.
Quando ognuno si è portato via il suo bel pezzone di carne, non restano nemmeno gli "ossi da ciuciar" per chi viene dopo. e allora si piange il morto.
Si guarda ai giovani, nostra speranza (poveri loro) oppure si invoca l'equità e si sfodera il moralismo alla seneca per deplorare i tempi della decadenza.
Ed ecco l'inutilità delle parole, della retorica politica e giornalistica, si spara alle streghe.
Nel segreto ognuno si è fatto il suo campicello di sicurezze,(al momento abbiamo sotto gli occhi gli stipendi dei politici, della gente di spettacolo, degli sportivi, dei megaprofessionisti di caste protette...ma i più si nascondono dai riflettori pubblici)

e si trova il tempo di parlare al vento, sperando che la gente che patisce le conseguenze di un comportamento culturale privo di attenzione verso gli altri, continui a dargli consenso.

cari miei, abbiamo bisogno di eroi e di santi, (l'isola che non c'è di bennato) non di affaristi rampanti e retori inutili.
ma siccome sono merce rara e si trova anche la sfacciataggine di distruggere i loro monumenti da morti ( tanto per fare esempi vicinissimi) , l'ora per questi santi ed eroi non viene mai, nessuno di noi ha voglia di sacrificarsi per gli altri e tiriamo eternamente a piangerci addosso pubblicamente e a curare l'orticello privatamente, sperando che i tempi migliori li costruiscano i nostri posteri.
Ma questa è storia già scritta. E' da una vita che leggo sempre gli stessi piagnistei...e che il paradiso in terra lo costruiscano sempre gli altri. Soprattutto chi viene dopodomani.
baci.
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Postby aorlansky60 » 26 Jul 2010, 06:52

Esistono due settori precisi che rivestono maggiore importanza di altri nel creare ricchezza nei singoli paesi di appartenza:

il settore immobiliare e l'industria automobilistica, in ordine di importanza.

Il perchè è facile da comprendere, in una società -come la ns- che si regge sui consumi.

Per qualsiasi tipo di nucleo familiare, l'investimento più importante dal punto di vista economico è rappresentato dalla casa dove abitare. Un investimento sul quale basare la vita della propria famiglia e la discendenza stessa.

Il secondo, sempre per rilevanza economica, è rappresentato dall'automobile; anzi, dato il tipo di vita che ormai ci siamo dati, dove la donna ormai lavora come l'uomo, per ogni nucleo familiare le auto diventano per necessità "almeno" due... questo ovviamente fà la gioia dei produttori... salvo il tirare troppo la corda che finisce col rompersi, come puntualmente avvenuto dal 2007, data d'inizio della grande crisi economica globale.

Ma anche senza di essa, i nodi sarebbero arrivati al pettine ugualmente, anzi, un solo GRANDE nodo,
chiamato CINA.

Che ha di fatto cambiato le regole del gioco a suo favore, proponendo costi dei prodotti finali inarrivabili per competitività verso il basso per i concorrenti europei ed americani, giocando poi sull'ambiguità della propria moneta particolarmente competitiva con i cambi delle altre valute mondiali, specialmente il $ USA, questo per ovvi motivi legati alle esportazioni dei propri prodotti.

La logica per la quale la fiat ed il suo a.d. intendono delocalizzare l'assemblaggio delle proprie auto all'estero è sopratuttto figlia di questa competizione esacerbata, che ha visto i Cinesi, ora insieme agli Indiani, tirare sempre maggiormente la corda sul settore automobilistico.

La crisi economica ha poi fatto, com'era ovvio immaginare, la sua parte nefasta.

Riconducendo il problema nel ns paese, dove le statistiche evidenziano come il lavoro dipendente abbia la più forte tassazione in assoluto in ambito CE, dove le stesse statistiche evidenziano come siano rimaste ferme le retribuzioni del lavoro dipendente da un decennio almeno, specie se paragonato ai pari livelli esteri, non occorre essere geni per arrivare alla conclusione che venendo a mancare la materia prima -il vil danaro- per riuscire a mantenere lo stesso livello "pre-crisi" occorre indebitarsi...

solo che il ns paese è particolare rispetto ad altri: possiede il livello di indebitamento familiare minore in ambito europeo, cosa che testimonia anche il calo di consumi; infatti, le recenti statistiche dicono che il mercato immobiliare è quest'anno in calo dell'8% rispetto al 2009 che era a sua volta in forte calo rispetto all'anno precedente; e le vendite auto sono collassate, nel primo semestre 2010, ad oltre il 20% in meno rispetto al pari periodo del 2009, anno nel quale il mercato si reggeva sugli incentivi statali.

Negli altri paesi esteri colpiti dalla crisi, è in corso da due anni, nelle famiglie, il ricorso alla ragionevolezza, cioè il cercare di portare in pari il proprio bilancio, già fortemente indebitato in modo preoccupante prima del sopraggiungere della crisi economica.

Questo ha fatto si che i consumi sono venuti a crollare, mettendo a reppentaglio la base dell'intero sistema sul quale si basa la ns società dei consumi.

Non si fugge da questa regola: occorre consumare per mantenere in vita il sistema, che è fatto non solo di fabbriche ed industrie nominali, con managers e a.d. che percepiscono torte faraoniche, ma anche da impiegati ed operai che come il caso della fiat, portano a casa "1200-1400€ al mese", figli della cosiddetta generazione "1000€"...

Praticamente e tecnicamente, è in corso nei paesi europei quello già in corso da 20 anni in Giappone, quello che gli esperti economici hanno definito quali "lost decades": un paese dal livello di debito pubblico tra i più elevati al mondo, nel quale l'istituto centrale ha mantenuto bassissimi i tassi d'interesse (0,1%, un livello ridicolo) per paura che tassi troppo alti potessero fiaccare ulteriormente un economia stagnante.

Proprio il problema che si trovano ad affrontare ora tutti i paesi europei legati sotto l'area EURO, dove il debito pubblico dei singoli paesi che è venuto a sensibilizzarsi, ha posto seri interrogativi circa il futuro della stessa moneta unica e dell'Europa unita.
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Postby aorlansky60 » 12 Aug 2010, 11:28

vorrei che leggeste attentamente questa nota di agenzia odierna:

Fiat: Federauto, impossibile produrre auto in Italia

giovedì, 12 agosto 2010

MILANO (MF-DJ)--Produrre auto in Italia e' impossibile. Cosi' puo' essere sintetizzata una nota di Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l'associazione dei concessionari italiani, che interviene sul tema caldo del progetto Fabbrica Italia della Fiat (Milano: F.MI - notizie) accusando di "miopia" chi, nell'attuale contesto economico, "non vede il piano di produzione industriale di Fiat come la manna dal cielo".

"In Europa Occidentale produrre non conviene piu'. Questo e' la madre di tutti i problemi - afferma Pavan Bernacchi -. I fattori sono molteplici. Prima di tutto vi e' il costo del lavoro; se paragonato a quello di Cina e India, non c'e' match. Battuti in partenza. Ma anche verso i paesi dell'Europa dell'Est, o della ex-Jugoslavia, c'e' un abisso. Poi c'e' l'aspetto della produttivita'. Quei popoli hanno fame, anche di lavorare, per cui nel lavoro ci mettono l'anima e sono disponibili a sacrifici su turni notturni o festivi. Come noi nel dopoguerra, per intenderci. Si passa poi agli aspetti sindacali. I sindacati, da noi, sono stati importantissimi in passato per tutelare i lavoratori che non beneficiavano neppure dei diritti elementari. Ora pero' si invertito il rapporto di forza. I lavoratori sono iper-tutelati e licenziare qualcuno quando l'azienda naviga in cattive acque, o che rema contro, non produce, si da' malato strumentalmente... e' quasi impossibile. E se un imprenditore ci prova il giudice del lavoro, molto spesso, reintegra il dipendente nel suo ruolo comminando all'azienda pesanti sanzioni. Si aggiunga l'estrema facilita' con cui si puo' venire in possesso di un certificato medico che esime il beneficiario dal presentarsi al lavoro e il gioco e' fatto. D'altronde questo e' il Paese dei falsi invalidi. Poi ci sono le regole per la sicurezza sul lavoro e contro l'inquinamento. Sono sacrosante, ma in un mondo globalizzato o le adottano tutti i paesi, affrontandone i costi - che poi fanno salire i prezzi dei prodotti - oppure chi le applica e' tagliato fuori dal Mercato. E quindi molte leggi dovrebbero essere paradossalmente adottate a livello mondiale: tutela lavoratori, tutela ambiente, orario settimanale, straordinari, cuneo fiscale, lavoro minorile, donne e maternita'. Solo cosi' si potrebbe competere ad armi pari. Utopia, certo, ma cosi' stanno le cose".

Il numero uno dei concessionari italiani, categoria che ha in mano il rapporto con i Clienti sia per la vendita delle vetture e dei ricambi sia per l'assistenza, continua: "E cosi' le aziende produttrici che vogliono sopravvivere in questo mercato competitivo devono delocalizzare. Si chiudono le fabbriche in Italia, licenziando centinaia di migliaia di lavoratori, e si riaprono in Polonia, Slovenia o, perche' no, in Cina o Romania. Quei paesi fanno ponti d'oro alle imprese perche' gli insediamenti produttivi portano benessere e danno posti di lavoro. E quindi via agli sgravi fiscali, ad aiuti di stato, a contratti per i lavoratori "light", a occhi chiusi su molti aspetti, e chi piu' ne ha piu' ne metta".

"In questo contesto - prosegue Pavan Bernacchi - arriva un 'pazzo' vero, di nome fa Sergio Marchionne. Cosa vorrebbe fare costui? Potenziare la produzione del Gruppo Fiat in Italia! Controtendenza rispetto a quasi tutte le aziende che se ne vanno bellamente all'estero. Certo, vuole anche chiudere degli stabilimenti. Ma che matrice hanno certe fabbriche? Sono state insediate per soddisfare logiche industriali o i'politiche'? La risposta e' la seconda. Si pensi solo ai costi logistici e di trasporto. Certo, la Fiat in passato e' stata aiutata tantissimo dai Governi in carica. Come pure tutti i produttori esteri nei mercati domestici. Ma ora che lo Stato si e' sfilato non ci si meravigli se Marchionne, calcolatrice alla mano, spiega che non conviene e che si deve chiudere. Non dimentichiamo anche che al Sud operano le varie mafie, e che non e' pensabile che queste si fermino fuori dai cancelli degli stabilimenti. Un altro grosso problema per chi vuole fare impresa".

"Ecco - conclude il presidente di Federauto - perche' Marchionne e' un 'pazzo' vero. Ma come, quasi tutti i produttori, dal tessile alla componentistica, sognano di lasciare il sacro suolo, e lui cosa vorrebbe fare? Investire una valanga di milioni di euro in Italia, potenziare gli stabilimenti, aumentare la produttivita'. Certo, chiede anche sacrifici (remunerati) ai lavoratori, e un nuovo approccio al bene primario e irrinunciabile che e' il Lavoro. No, e' troppo. Certi sindacati preferiscono non considerare che il mondo non e' piu' quello di tre anni fa. Allora meglio contratti d'acciaio, blindati, tutelatissimi, intoccabili, nei secoli dei secoli. Peccato che ne beneficeranno sempre meno dipendenti perche' gli imprenditori che possono, da qualche anno, se ne vanno all'estero. Quelli che non falliscono, ben inteso. E quindi propongo di cambiare l'articolo 1 della Costituzione da 'L'Italia e' una Repubblica democratica, fondata sul lavoro' in 'L'Italia e' una Repubblica democratica, un tempo fondata sul lavoro'. E una domanda sorge spontanea: Ma se nessuno lavorera', venendo meno la capacita' di spesa e la propensione all'acquisto delle famiglie, come sopravvivra' la nostra economia?".
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Postby highinfidelity » 12 Aug 2010, 11:49

quote:
federauto

Prima di tutto vi e' il costo del lavoro
STRONZATE.

Il preside del Politecnico di Torino, ing. Profumo, ha calcolato quanto incide il costo del lavoro sul prezzo del prodotto "automobile" finito. Il valore e' 8%.

Ripeto la fonte: ingegner Profumo, preside del Politecnico di Torino.

Ripeto il valore: otto per cento.

Quindi la si pianti di agitare sempre lo spauracchio del costo del lavoro: e' solo una scusa per disintegrare i (residui) diritti dei lavoratori. Si va' all'estero solo per fare i propri porci comodi e beccarsi anche aiuti di stato, come quelli che intende erogare la Serbia. Tanto si sa gia' in partenza che in patria sono tutti talmente rincretiniti che non metteranno alcuna tassa d'importazione: si sa, c'e' la "globalizzazione", non si puo'...

Ma vaff... [!:-!]
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Postby wondering clouds » 28 Aug 2010, 18:24

basta parlare di lotta di classe. Non esiste più.
Eh sì, quando si dice che il diavolo è un'invenzione dei preti, è allore che si diverte di più a fotterti[:D]

E' una metafora [;)]
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