L'avevo ascoltata per la prima volta da bambino ad una delle numerose conferenze d'astronomia che si tenevano allora a Torino, e a cui prendevo sempre parte volentieri accompagnato da mio papa'. In quegli anni, grazie ad abili divulgatori come lei, molte persone del popolo si interessavano d'astronomia e la sera, anziche' guardare il grande fratello o l'isola dei famosi, guardavano le stelle.
L'ho rivista per l'ultima volta 4-5 anni fa al planetario dell'osservatorio astronomico di Pino Torinese. Era seduta sul bordo d'un modello di acceleratore lineare, con due bambini in visita al suo fianco, ai quali indicava gli oggetti attorno spiegando la loro rilevanza scientifica. Una grande scienziata parlava a due bambini come se fossero i suoi nipotini, cercando di trasmettere loro l'amore per la scienza come un'amorevole nonna fa con le piu' belle fiabe. Non ho neppure osato interromperla per salutarla e scambiare due chiacchiere tra "uomini di scienza" (con le dovute proporzioni, s'intende
), sono rimasto in disparte ad assistere alla scena da lontano. Naturalmente, da bravo fotografo
non avevo con me una macchina per immortalare quell'immagine, che ora, in morte, mi riappare quasi come fosse un suo dipinto agiografico.
Voglio pero' ricordarla con un'immagine inusuale ma in tema con la nostra "ultima spiaggia": quella di Margherita Hack sportiva, suo lato a cui ella teneva molto, tanto che anche in una recentissima intervista l'aveva voluto ricordare raccomandando ai giovani di non trascurare mai l'attivita' all'aria aperta, attivita' a cui apparentemente lei non aveva potuto dedicare il tempo dovuto, forse per i troppi impegni di studio, forse per precoci acciacchi fisici.