Oltrepassa parecchio...
Comunque concentriamoci sulla musica, visto che "noi del progressive" siamo abituati a farlo al di la' di look improbabili e inutili orpelli. Questo disco secondo me e' una bomba: non mi stupisce che non piaccia ai metallari duri e puri o ai fan piu' accaniti dei Maiden perche' infatti per me e' il loro miglior disco di sempre (questa frase suscitera' senz'altro scalpore e riprovazione, ma e' la mia opinione da metallaro, per quanto non duro e puro e non accanito fan dei Maiden). Quello che piu' apprezzo e' la totale assenza di tirate a doppia grancassa, urla inutili, assoli senza senso e tutto il trito armamentario metal che - opinione mia - fa piu' danno che altro a questo genere. Grande grande musica e Dickinson addirittura (involontariamente) migliorato: la sua voce arrochita e incupita mi piace molto piu' di quella dei suoi esordi. Inoltre, come gia' detto nel post precedente, la sovrabbondante formazione a tre chitarre e' impiegata in modo parsimonioso, senza fare gettate di cemento armato sonoro. Anzi: nonostante una stereofonia a tratti solo abbozzata, il timbro complessivo dell'album e' piuttosto trasparente e i suoni di chitarra veramente belli ed eccitanti. Ieri sera sono riuscito a prendere qualche appunto brano-per-brano per poter scrivere la promessa recensione:
1 - IF ETERNITY SHOULD FAIL
Partenza "in quarta" con un brano di Dickinson veramente molto ben costruito. Il
bridge e' in pieno stile Queensryche (ma
non copiato) e, conoscendo Dickinson, credo che la cosa sia perfettamente voluta. Il ritornello e' veramente potente e indovinato: ti si pianta in testa e non lo rimuovi piu'. Prestazione STELLARE di Dickinson, che da' grande pathos al pezzo. Trovo veramente dissacrante, inoltre, il testo - questa idea di aspettare la fine dei tempi casomai l'eternita' non dovesse funzionare.
Il lungo assolo di chitarra e' di stampo vagamente "progressivo" (questa parola tornera' spesso nella recensione).
Voto: 10 pieno.2 - SPEED OF LIGHT
Non credevo che sarei vissuto abbastanza a lungo da poter ascoltare una canzone (metal, per di piu'...!) dedicata alla Fisica dei Quanti!!!
Naturalmente c'e' lo zampino di Dickinson. Pazzesco il gioco di parole di
mass intesa sia come messa che come massa di un corpo fisico. Le strofe
I don't know where I don't know when [...] A single particle of me / you won't be tracking me by sight sono la piu' stupefacente visione poetica e lirica del Principio di Indeterminazione di Heisenberg e della dualita' corpuscolare / ondulatoria della materia. Ma ci sono anche accenni all'astrofisica e all'Effetto-Tunnel quantistico. Pazzesco.
Voto: 10. (lo avrei dato anche solo per le intenzioni, ma e' pure un bel brano!)
3 - THE GREAT UNKNOWN
Di nuovo un bel brano ben costruito, con un classico "crescendo" metal. Gli assolo e la ripresa dopo la parte strumentale pero' sembrano un po' "incollati li'", forse il brano meritava ancora qualche rielaborazione. Comunque le arie sono tutte molto belle, e il finale addirittura eccellente.
Voto: 8.4 - THE RED AND THE BLACK
Il brano e' aperto e chiuso da una sequenza di accordi di basso "pulito", cosa molto ma molto inusuale in tutti i generi (usualmente il basso fa al massimo un assolo). Il
riff principale ha un sapore un po'
vintage, che a me ricorda un po' lo stile dei primissimi Maiden. Molto impegnative le liriche, che costringono Dickinson a un cantato dalla metrica acceleratissima. Lo strumentale centrale e' lungo e articolato, con tastiere in evidenza e molti cambiamenti di tempo e incroci di assolo. Insomma: e' progressivo.
Bellissimi i due obbligati conclusivi per chitarra: una sequenza veramente "da combattimento".
Voto: 9.5 - WHEN THE RIVER RUNS DEEP
Brano complesso, con momenti speed/power alternati a passaggi di metal quasi funky. I secondi sono molto migliori dei primi, e sono caratterizzati da bei raddoppi vocali, merce rara in un complesso che ha sempre sottovalutato la potenza espressiva dei cori. Insomma un brano con luci e ombre. Tra il 6 delle parti piu' scarse e il 10 delle migliori, la canzone spunta la
media dell'8. 6 - THE BOOK OF SOULS
Giunge il brano centrale del disco, ove si affronta il tema principale: la civilta' Maya rivisitata in chiave heavy metal. Si nota subito la potente presenza di tastiere nella strofa. Potrebbe passare per un brano dei Queensryche (stranissimo, a questo proposito, che il pezzo non sia firmato Dickinson bensi' Gers/Harris). Bella l'accelerazione metrica del ponte e la ieraticita' del ritornello. L'inserto strumentale e' ancora una volta definibile - senza tema di smentita - "progressivo" (l'attacco sembra quello di The Knife!)
Voto: 8.7 - DEATH OR GLORY
Ovvio parto di Dickinson (che difatti ne e' co-autore), il brano offre numerosi riferimenti alle gesta di Manfred von Richthofen, meglio noto come "Barone Rosso". Purtroppo pero' il testo presenta numerose parti migliorabili ("climb like a monkey"...
) e il ritornello e' veramente molto ma molto grezzo, del metal peggiore.
Voto: 7, prevalentemente per l'interessante tema affrontato. Molto bello pero' il "duello" centrale di chitarre, di tono descrittivistico. Si tratta insomma di un brano che avrebbe meritato molto di piu'; forse i Maiden non ci hanno creduto fino in fondo ed e' un vero peccato.
8 - SHADOWS OF THE VALLEY
Come da migliore tradizione, nel mezzo si piazzano le scartine. Shadows Of The Valley e' un brano dall'andamento brillante ma vagamente interlocutorio. Anche il testo e' molto vago, anzi a dirla proprio tutta non ho capito veramente di cosa intenda trattare, sembra piuttosto un elenco di luoghi comuni di certo spiritismo in salsa metal. Meglio il ritornello, appoggiato da tastiere e in stile (indovinate un po'?
) Queensryche.
Voto: 7.9 - TEARS OF A CLOWN
Sembra incredibile che questo brano - che, come gia' anticipato da Thomas, e' dedicato a Robin Williams - non sia di Dickinson, ma evidentemente non e' l'unico a saper tirar fuori canzoni di un certo spessore nell'ambito dei Maiden. Gran gran pezzo, dalle figure ritmiche intricate ed ardite. Suggestivo il ritornello, che si "ripiega" su se' stesso. Sotto molti aspetti puo' essere a sua volta definito un brano progressivo. Evidenti tracce dei migliori Tesla e dei migliori Queensryche, ed ovviamente e' un gran complimento.
Voto: 10.10 - THE MAN OF SORROWS
E uno dice: <<ah, ecco... il lento l'hanno piazzato qui>>. E invece no, perche' a circa 1/3 della sua durata il brano ha una brusca accelerazione. La prestazione di McBrain e' veramente fine, forse la migliore in quest'album (dove ha suonato veramente bene e con apprezzabilissima sobrieta'). Brano notevole e rispettabile, a cui manca pero' un punto focale o un'aria veramente memorabile. Si chiude infine su una nota isolata di synth analogico (!!!) disdegnando una scontata struttura ciclica, e senza quindi mai essere tornato all'adagio iniziale.
Voto: 7.11 - EMPIRE OF THE CLOUDS
Mi aspettavo grandi cose da questa
suite, che come gia' detto da Thomas non e' piu' di prog-metal o di metal progressivo, ma di rock progressivo punto e fine, e sono state tutte mantenute. Sicuramente Dickinson con questo pezzo ha voluto infiggere in terra un punto fermo nella sua lunga carriera, forse nel timore di non poter proseguire ancora a lungo, e c'e' riuscito. Si puo' dire che sia il brano che ho atteso per tutta la vita dai Maiden, e che ormai non pensavo avrei piu' ascoltato. Se solo avessi voce in capitolo, lo proporrei provocatoriamente come miglior brano progressivo dell'anno ai
progressive awards, tanto per divertirmi a veder molti tromboni ex-sessantottini svenire e scandalizzarsi. Ci sarebbe da ridere.
La
suite e' sostanzialmente tripartita. L'apertura e' affidata a pianoforte ed archi (i metallari duri e puri staranno probabilmente vomitando
noi invece godiamo
), mentre McBrain accenna in piu' punti ad una quanto mai opportuna cadenza militare. Le liriche sono di grande spessore e si mantengono su livelli altissimi lungo tutto il brano, che procede in un potente crescendo drammatico.
Il lungo intermezzo strumentale centrale e' molto inusuale in quanto si fonda sostanzialmente su di una lunga sequenza di obbligati orchestrali, inframmezzati da solo due assoli (neppure tre: uno a testa per chitarrista, come sarebbe logico...), peraltro brevissimi e distanti tra loro. Come nella migliore tradizione
progressive, in questa fase vengono presentati e "bruciati"
riff con cui si sarebbe potuto fare un intero altro album di canzoni dall'andamento piu' tradizionale. Sono rimasto particolarmente impressionato da uno, veramente molto brillante e molto bello, offerto quasi al termine dell'intermezzo per sole poche battute e mai piu' ripreso! Cose da pazzi!
Quando nella terza parte ritorna il cantato, la canzone e' ormai completamente irriconoscibile e la voce tesissima di Dickinson la spinge su vette di drammaticita' pazzesche. Solo al termine, il cerchio si chiude con una mesta ripresa del bel tema iniziale.
Voto: 10 e lode.