Non so se in questo forum sia radicata l'abitudine di scrivere un argomento interamente dal proprio punto di vista, una mezza recensione scrausa to', però io lo faccio lo stesso perché ci sono abituata:
Mi sono avvicinata ai Genesis per via della passione musicale che già furoreggiava in famiglia, come penso sia successo a tanti.
Sono andata molto a naso e ho iniziato con Selling England e più che un’idea me ne feci un’impressione, una convinzione più basata sulle tante percezioni ricevute piuttosto che un’opinione definita.
Quello che avvertii all’istante fu la spiccata interattività nella loro musica: è un fenomeno che non ti rimane meramente nella testa e non ti coinvolge solo a livello uditivo, ma è una manifestazione sottile, che sa infilarsi nella tua realtà. La completa sensorialità viene implicata nell’ascolto della loro musica.
Secondo la mia personale teoria questo accade perché il loro obiettivo primo non è la bellezza (in un’intervista di Giammetti, Banks dice a proposito di Supper’s ready: “…Suggerii allora di fermare la canzone dopo una parte davvero romantica e di inserirci questo pezzo, Willow Farm, che era stato scritto da Peter. Sembrava una gran buona idea che dopo una parte bella ne seguisse una davvero brutta. Così la canzone acquistò tutta un’altra dimensione”), o peggio “l’ascoltabilità” della musica, ma la volontà di creare attraverso essa una realtà parallela e una rete di concettualità del pensiero (io parlo degli anni prog, per intenderci).
Questa teoria mi ha abbastanza folgorato una volta nata, perché quando avevo scoperta e apprezzata l’arte contemporanea e concettuale, mi sono iniziata a chiedere perché nella storia musicale non ci fosse stata una rivoluzione artistica di quella portata (se escludiamo alcuni esponenti della musica appunto “contemporanea”, ingiustamente bersagliati, poveri cuccioli), ed ero alla ricerca di qualcosa che non vedesse la musica essenzialmente piacevole e ricreativa. I Genesis mi hanno catturata in questo senso perché usano la caratteristica naturale di canale di comunicazione della musica in modo formidabile e con una sottigliezza e sensibilità che credo nessuno abbia usato in questo senso. I grandi maestri come Schumann, Debussy, Mozart e company riescono a far parlare la musica in modo universale a comunicarci sensazioni complesse, anche fisiche, attraverso il loro genio. I Genesis operano qualcosa di simile, eppure la loro intrusione nella nostra realtà è molto più concreta, è possibile che non operino grandemente ad un livello mentale, ma la pervasione della loro musica nella nostra realtà è qualcosa di enorme, che la fa vivere nel nostro spazio e nel nostro tempo, una collocazione del concetto nella tangibilità senza precedenti. E’ qualcosa che elettrizza, sentire la musica così viva e presente, una mezza droga.
Allo stesso tempo però, oltre a valorizzare la concettualità, per rendere un’esecuzione così reale, c’è bisogno della tecnica, del materiale. La musica Genesis è molto materica, investe moltissimo sui vari sound, con il coraggio di non far emergere per forza ciò che la gente si aspetta di sentire, ma di giocare la loro personalissima partita, e rendendo effetti in secondo piano indispensabili all’unità e alla comunicabilità del brano. In questo campo mi viene subito in mente Steve, del resto è il mio preferito
, che con il suo lavoro pazzesco di rifinitura e di corrente in sottofondo, è il principale costruttore della ragnatela sulla quale si forma l’intera atmosfera Genesis. Un altro punto fondamentale sono le parole, di come scorrano e diventino così parte effettivamente integrante della resa sonora finale (sempre da Giammetti, Rutherford, a proposito di Watcher of the skies: “ …col tempo ho capito che non basta semplicemente usare le parole giuste, bisogna anche che suonino bene quando le canti”) la compenetrazione tra musica e testo è sorprendente, e credo che nemmeno i Pink Floyd siano riusciti a renderla a questi livelli.
In definitiva, potrei paragonare la loro musica alle sculture di Nino Rollo che fu un grande innovatore, riportando il fuoco di attenzione sulla materia dignitosa di per sé, senza bisogno di significati attribuiti, sui colori e le forme, in un’arte che espresse enorme fisicità, e soprattutto presenza nello spazio. I Genesis sono lo stesso, riescono a collocarsi nello spazio affrancandosi dalla mera astrattualità ma facendola rivivere nel reale, racchiudendo un intero cosmo nello spazio di una canzone.