Desideravo complimentarmi pubblicamente con Mino per il suo libro, che mi sono goduto nel corso delle vacanze estive. Non solo e' completo e preciso come tutti ci attendevamo da un autore della sua competenza, ma e' anche scorrevole e molto ben scritto, con una punteggiatura molto curata, tutti aspetti che purtroppo nell'editoria "di nicchia" fanno quasi sempre soffrire. Non e' questo il caso: bravissimo Mino!
Riflettevo durante la lettura su quanto - se messa in prospettiva - sia stata incredibilmente breve la parabola dei Genesis con Peter Gabriel. I dischi, le date, tutte le biografie disponibili: nessuna di queste cose me ne ha mai data veramente la misura come la lettura di questa cronistoria concerto-per-concerto inframmezzata da interviste coeve. Sembra di osservare una sequenza all'acceleratore: i Genesis non avevano ancora nemmeno raggiunto il successo, ne' messo in piedi uno spettacolo dal vivo che potesse dirsi piu' che amatoriale, che gia' e' possibile leggere in intervista le prime risposte percepibilmente piccate circa il ruolo di
leader che molti (stampa, fan...) attribuiscono a Gabriel, e che gia' emerge il malcelato fastidio per una serie di travestimenti e trucchi forse non ben concordati col resto del complesso. E
in un fulmine si e' gia' alla fatidica "data unica" di Torino 1975.
Un aspetto sociologicamente rilevante, di cui non m'ero mai pienamente reso conto, e' il tono degli articoli delle riviste piu' o meno specializzate dell'epoca: saccente e ipercritico in quasi tutti i casi. Fa veramente sorridere di compassione rileggere oggi questi ragazzotti saputelli, forse non in grado di suonare nemmeno La Ballata del Pinelli, mentre si permettono di criticare uno spettacolo dei Genesis perche'
sono rigidi, mancano di fantasia o perche' Gabriel
potrebbe cantare meglio. Riletti col senno di poi, danno fin troppo chiaramente la misura di un'epoca in cui molti (troppi) erano fermamente convinti d'avere la verita' in tasca.
Non mi dilungo in commenti sulle violenze dovute alla cosiddetta "lotta per la musica gratis", che tanto ha danneggiato l'Italia e che per coincidenza storica finisce con l'essere un involontario e inevitabile
leitmotiv del saggio di Mino. Sono vicende assurde e deliranti, del tutto incomprensibili persino se collocate nel contesto politico di quegli anni.